Deliberazione Giunta Regionale LOMBARDIA 22 maggio 1998, n. 6/36262

Approvazione delle linee guida per la gestione del rischio amianto emanate dalla Regione Lombardia(pubblicata su Bollettino Uff. Reg. 3° Suppl. Straord. n° 25 del 25/06/1998 )

 

 

 

 

Sommario

testo della legge

capitolo 1

  effetti biologici delle fibre di amianto

capitolo 2

  bonifica da amianto e prevenzione

capitolo 3

  i materiali sostitutivi dell'amianto

capitolo 4

  metodi analitici per la determinazione quali-quantitativa dell'amianto

capitolo 5

  rifiuti

appendice 1

appendice 2

allegato

la giunta regionale vista la legge 23 dicembre 1978 n. 833; Visto il d.lgs. 626/1994; richiamata la vigente normativa in materia di amianto e in particolare d.lgs. 15 agosto 1991 n. 277; l. 27 marzo 1992 n. 257; circolare 17 febbraio 1993 n. 124976; d.P.R. 8 agosto 1994; d.m. 6 settembre 1994; d.lgs. 19 settembre 1994;  d.m. 26 ottobre 1995; d.m. 14 maggio 1996; d.m. 7 luglio 1997; d.lgs. 8 novembre 1997;  vista la legge regionale 11 luglio 1997 n. 31; vista la d.g.r. n. 3/45485 del 4 dicembre 1984 con cui venne nominata la commissione tecnica per lo studio per la predisposizione di un programma regionale di intervento inteso alla individuazione e alla eliminazione dei rischi connessi all'uso di componenti di amianto nei trattamenti fonoassorbenti di alcune strutture dei plessi scolastici di ogni ordine e grado; vista la d.c.r. del 31 maggio 1989 n. IV/1373 avente per oggetto " Piano di interventi per l'individuazione dei rischi connessi all'uso di componenti di amianto nei trattamenti fonoassorbenti di edifici scolastici e ospedalieri di ogni ordine e grado, pubblici e privati - piano di indagine per le strutture ad uso collettivo pubbliche e privata - Dimensionamento del problema" pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia serie ordinaria n. 37 del 13 settembre 1989; vista la d.g.r. n. 6/2490 del 22 settembre 1995, adozione del "Piano di protezione, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica dell'ambiente ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall'amianto"; vista la proposta di linee guida per la gestione dei rischio amianto elaborata dal gruppo di lavoro "Amianto" costituito presso la Direzione Generale Sanità - Servizio Prevenzione Sanitaria della Regione Lombardia; Ritenuto di dover approvare le linee guida proposte che rispondono alle indicazioni nazionali contenute nelle normative sopra citate e alla specifica realtà lombarda; dato atto che la presente deliberazione non è soggetta al controllo ai sensi dell'art. 17. comma 32, della L. 15 maggio 1997, n. 127; a voti unanimi, espressi nelle forme di legge 

DELIBERA

1) di approvare le linee guida per la gestione del rischio amianto di cui all'allegato che forma parte integrante della presente deliberazione;

2) di dare mandato all'Assessore alla Sanità di notificare il presente provvedimento a tutte le istituzioni pubbliche e alle associazioni di categoria interessate.

 

LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DEL RISCHIO AMIANTO

 

PRESENTAZIONE

Dagli anni '60 fino all'inizio degli anni '80, l'amianto veniva largamente utilizzato come materiale coibente e/o isolante. Negli ultimi anni, in Regione Lombardia, a causa dell'usura dei materiali che confinano e/o inglobano le fibre di asbesto, sono notevolmente aumentate le opere di bonifica da amianto

A seguito della legislazione statale in materia, tra il 1992 ed il 1997, si è cercato di dare precise disposizioni affinché le opere di manutenzione e/o bonifica di strutture e/o materiali contenenti amianto vengano effettuate in modo da salvaguardare la salute dei lavoratori che eseguono tali opere e la salubrità dell'ambiente.

La Regione Lombardia inoltre ha reputato opportuno aggiornare il manuale "Amiamo" redatto nel 1992 con questa nuova pubblicazione che integra il testo precedente con informazioni sui nuovi materiali utilizzati come sostitutivi dell'amianto ed interpretazioni e commenti sulle normative più attuali riguardanti la sorveglianza sanitaria (modalità di applicazione, delle linee guida Regionali del d.lgs. 277/91), la bonifica di siti contenenti amianto (d.m. 6 settembre 1994), l'applicazione delle metodiche analitiche per la determinazione quali-quantitativa dell'amianto (d.m. 6 settembre 1994) ed il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti..

Il nuovo manuale è indirizzato ai Dipartimenti dì Prevenzione e ai Presidi Multizonali di Igiene e Prevenzione delle Aziende Sanitarie Locali come promemoria dei corsi di aggiornamento effettuati dalla Regione nell'anno 1996; ai centri che si sono resi disponibili per effettuare corsi di preparazione e aggiornamento per i datori di lavoro ed i dipendenti delle aziende che operano nel settore ai quali consigliamo di utilizzare il testo come materiale didattico ed a tutti i consulenti ed i laboratori pubblici e/o privati che si occupano del problema amianto. up.jpg (878 byte)

CAPITOLO 1 - EFFETTI BIOLOGICI DELLE FIBRE DI AMIANTO

 

1.1 Introduzione

Con la denominazione "AMIANTO" o "ASBESTO" si indica un gruppo di silicati, tutti caratterizzati da struttura fibrosa. 1 principali componenti del gruppo sono

Gruppo mineralogico

Amianto commerciale

Serpentino

Crisotilo o "amianto bianco"

Anfibolo

Crisotilo o "amianto bianco"

Crocidolite o "amianto blu"

Amosite o "amianto bruno"

Tremolite

Si ricorda che per "fibra" si intende una "particella allungata che abbia un rapporto lunghezza/diametro > 31; quelle che rivestono particolare importanza da un punto di vista patogeno per l'uomo hanno lunghezza > 5 µm e diametro < 3 µm (OSHA)".

A titolo esemplificativo, si riportano nella tabella seguente (Selikoff, 1978) i diametri delle principali fibre d'amianto, a confronto con i diametri di altre fibre [1].

Tipo di fibre

Diametro (µm)

Fibrille di crisotilo

0.02 - 0.04

Fibra di crisotilo

0.75 - 1.5

Fibrilla di anfiboli

0.1 - 0.2

Fibra di anfiboli

13 - 4.0

Fibra di vetro

1.0 - 5.0

Lana di roccia

4.0 - 7.0

Cotone

10

Lana

20 - 28

Nylon, rayon

7 - 7.5

Capello umano

40

1.2 Premessa

L'esposizione (professionale e non professionale) a fibre d'amianto può determinare effetti patogeni che si manifestano prevalentemente a carico dell'apparato respiratorio.

Pur essendo l'amianto usato sin dall'antichità (reperti archeologici lo evidenziano come noto in Finlandia nel 2500 a.C. e nei territori dell'attuale Kenya nel 800 a.C., mentre è del 1 sec. a.C. la descrizione di tale sostanza definita come "incorruttibile" in alcune iscrizioni in lingua greca), è solo nel 1908 che viene segnalata per la ma volta una forma di fibrosi polmonare interstiziale dita ricondotta a fibre d'amianto. Pochi anni prima, Murray descrive in corso di esame autoptico un quadro patologico correlato con, esposizione ad amianto. E' del 1927 la formale definizione della patologia fibrotica, interstiziale polmonare amianto-correlata come "Asbestosi". Si ricorda infine che poco prima (1921) vengono descritti i primi quadri clinici non neoplastici a carico delle pleure, mentre è del 1935 il primo caso descritto di carcinoma broncogeno imputabile a inalazione di fibre d'amianto. La conferma definitiva del rapporto amianto/carcinoma e in particolare del rapporto amianto/ fumo/carcinoma è stato raggiunto soltanto nella seconda metà degli anni Sessanta con i lavori epidemiologici di Selikoff. Infine, nel 1960 Wagner segnala il nesso eziopatogenetico tra esposizione professionale a fibre d'amianto e mesotelioma pleurico.

1.3 Quadri clinici delle patologie causate dall'amianto

Molte ricerche cliniche approfondiscono nel corso degli anni le conoscenze relative a questa patologia, sì da poter oggi contemplare i seguenti quadri clinici riconducibili a esposizione a fibre d'amianto

Malattie non neoplastiche

del polmone Asbestosi;

della pleura Placche, Ispessimenti diffusi, Versamenti recidivanti, Atelettasie rotonde.

Malattie neoplastiche

del polmone Carcinoma;

della pleura (e del peritoneo) Mesotelioma;

del laringe Carcinoma.

Tra le diverse patologie da amianto, quella definita come "asbestosi" è sicuramente la più importante trattasi di una "fibrosi polmonare progressiva diffusa che consegue alla inalazione delle fibre d'amianto". [21

Entità e caratteristiche cliniche dei quadri patologici sono in relazione anche alla tipologia delle fibre d'amianto e al loro potere patogeno, riconducibile principalmente al diametro e alla lunghezza delle stesse.

1.4 Meccanismi d'azione nell'insorgenza dell'asbestosi

Una volta inalate, tutte le particelle - a seconda della loro dimensione e struttura - penetrano e si depongono nel sistema respiratorio per impatto, sedimentazione (per fibre di diametro > 5 µm), intercettazione e diffusione browniana (quest'ultima per fibre e particelle di diametro > 1 µm). Tra questi meccanismi, la deposizione caratteristica e tipica delle fibre d'amianto è l'intercettazione, che determina la deposizione delle fibre stesse nei bronchioli. Le fibre inoltre tendono a disporsi parallelamente alla direzione dei flusso aereo, giungendo fino agli alveoli.

Il sistema respiratorio non è passivo di fronte a questa deposizione, ma attiva le difese attraverso almeno due modalità di clearance assai importanti

- clearance mucociliare tracheobronchiale, garantita dall'epitelio ciliare delle vie aeree e dal relativo film di muco prodotto dalle cellule secretrici intraepiteliali;

- clearance polmonare, garantita dalla fagocitosi dei macrofagi alveolari.

Pertanto, solo le fibre depositate nel polmone profondo innescano i meccanismi biocellulari determinanti l'alveolite e la reazione fibrotica polmonare. Qualora le fibre riescano a raggiungere il cavo pleurico eserciteranno in quella sede l'azione irritante o cancerogena. Attraverso i vasi linfatici transdiaframmatici le fibre possono talvolta passare dal cavo pleurico a quello diaframmatico.

Già nelle prime 48 ore dall'inalazione i macrofagi alveolari aumentano fino a 20 volte di numero, mentre i macrofagi interstiziali proliferano nel connettivo sottostante, con aumentata presenza di fibroblasti.

Ne consegue che le fibre d'asbesto penetrate e depositate possono

- sostare libere nel punto di deposizione (in genere una biforcazione bronchiolare);

- passare nell'interstizio attraverso l'epitelio alveolare;

- esser inglobate dai macrofagi (formando i cosiddetti "corpuscoli d'asbesto");

- passare nel cavo pleurico e in quello peritoneale.

La cronica inalazione di fibre d'asbesto induce i macrofagi a rilasciare sostanze biochimiche attive su cellule e tessuti, capaci di innescare i complessi meccanismi determinanti il quadro clinico della fibrosi interstiziale polmonare.

"Tutte le fibre di asbesto, di qualunque tipo e lunghezza, sono in grado di determinare una fibrosi interstiziale diffusa, che comincia tipicamente nei lobi inferiori. Alle fibre più lunghe si riconosce comunque un maggior potere fibrogeno, in quanto esse non potendo essere fagocitate dai macrofagi, tendono a permanere indefinitamente nel polmone profondo, [4]

1.5 Asbestosi

Dal punto di vista istopatologico, si riconoscono due stadi evolutivi di asbestosi parenchimale

Asbestosi iniziale (fibrosi del grosso interstizio dei lobi inferiori), con

- ispessimento collagene dei setti interlobulari, con fibrosi delle aree perivasali e peribronchiali;

- alveolite emorragica, con microemorragie, edema, accumulo di macrofagi alveolari e desquamazione dell'epitelio alveolare.

Asbestosi conclamata, con

- più marcato ispessimento collagene dei setti interlobulari;

- più marcata fibrosi, delle aree perivasali e peribronchiali;

- fibrosi dei setti interalveolari (piccolo interstizio);

- organizzazione dell'alveolite in fibrosi.

Uno schema di sintesi di tutti gli eventi che si verificano nella genesi e nell'evoluzione delle lesioni asbestosiche viene riportato nella seguente Tabella [3]

Fase precoce 

Patogenesi Fibre corte (< 5 micron)

Passaggio interstizio

a) lesione interstiziali fibrosi del "grosso interstizio"

Effetti Insufficienza ventilatoria restrittiva, alterata diffusione alveolocapillare

Trasporto linfatico entro il "grosso interstizio"

b) lesioni pleuriche ispessimenti pleurici e "placche pleuriche"

Effetti Quadro radiografico "di placche pleuriche"

Patogenesi Fibre lunghe (> 5micron)  Permanenza negli spazi alveolari

c) lesioni alveolari (alveolite asbesosica)  microemorragie edema alveolare corpuscoli dell'asbestosi

Effetti Siderociti in espettorato Rantoli crepitanti

Corpuscoli in espettorato

Fase avanzata o conclamata

Patogenesi a) lesioni interstiziali Edema cronico da stasi linfatica Fibrosi dei setti interalveolari o "piccolo interstizio" Compromissione della perfusione arteriolare

Effetti Alterata diffusione alveolocapillare

Patogenesi b) lesioni pleuriche

Effetti Calcificazioni pleuriche

Patogenesi c) lesioni alveolari "Carnificazioni endoalveolari"

Effetti Aggravamento del quadro Radiografico e funzionale

Come appare nella tabella, le lesioni asbestosiche iniziali si sviluppano eminentemente entro il cosiddetto "grosso interstizio" (setti interlobulari, connettivi peribronchiolari e perivascolari), ove decorrono le vie linfatiche, in forma di proliferazione fibroblastica e conseguente sclerosi connettivale. Queste lesioni sclerotiche interstiziali riducono l'elasticità del polmone e sono responsabili della precoce comparsa di una insufficienza ventilatoria di tipo restrittivo (riduzione consensuale di CV e FEVI). Le fibre giunte fino alla pleura esercitano uno stimolo cronico locale alla sclerosi e determinano la comparsa di "placche pleuriche" sul foglietto parietale odi "ispessimenti diffusi " sul foglietto viscerale o di "versamenti pleurici recidivanti", che sono importanti componenti del quadro clinico dell'asbestosi. Le placche pleuriche parietali tendono a calcificare ' con il trascorrere degli anni. La alveolite asbestosica, conseguenza del traumatismo sui setti interalveolari esercitato dalle fibre lunghe, è caratterizzata dalla comparsa negli spazi aerei di cellule desquamate degli epiteli alveolari, di macrofagi inglobanti le fibre e di eritrociti derivanti da microemorragie. Questi ultimi, fagocitati dai macrofagi, ne arricchiscono il citoplasma di emosiderina. 1 macrofagi a citoplasma carico di emosiderina vengono definiti "siderociti". Negli spazi aerei le fibre di amianto vengono ricoperte dai macrofagi di materiale proteico contenente ferro (di origine emoglobinica) e assumono aspetti mono- e bi-clavati, talora con frammentazioni, divenendo "corpi ferruginosi" o "corpuscoli dell'asbestosi", che possono venire espulsi con l'espettorato insieme ai siderociti. L'aggravamento progressivo di tutte queste manifestazioni porta al quadro della asbestosi conclamata, definita come "fibrosi interstiziale diffusa e grave con interessamento pleurico e grave compromissione restrittiva della funzionalità respiratoria ".

Dal punto di vista clinico sintomi e manifestazioni organiche e funzionali si evidenziano solamente dopo molti anni di esposizione (circa 10 - 15 anni dopo la prima esposizione), principalmente come dispnea da sforzo - che è anche il sintomo più precoce - accompagnata successivamente da tosse secca (umida per concomitanti quadri flogisitici). In casi avanzati l'insufficienza ventilatoria si fa più severa e può accompagnarsi a cianosi (per sopraggiunte turbe degli scambi alveolo-capillari dei gas respiratori).

1.6 Diagnosi di asbestosi

Da quanto descritto emerge che la diagnosi di asbestosi precoce viene posta quando siano presenti sintomi soggettivi come tosse (da concomitante bronchite irritativa), dispnea più o meno grave, segni auscultatori costituiti da fini crepitazioni alle basi polmonari, siderociti e corpuscoli nell'espettorato e insufficienza ventilatoria restrittiva agli esami funzionali. In fase precoce può essere già evidente anche una compromissione della diffusione alveolo-capillare dei gas, riconducibile, più che ad alterazioni anatomiche dei setti interalveolari, a turbe della perfusione da sclerosi dei connettivi periarteriolari (grosso interstizio). Questo quadro può presentarsi quando ancora il radiogramma toracico appare normale o presenta modestissime alterazioni (ispessimenti pleurici, accentuazione della trama polmonare a fine reticolazione). Nelle fasi conclamate, accanto alla persistenza degli indicatori prima riferiti e a un progressivo aggravamento delle alterazioni funzionali (insufficienza ventilatoria restrittiva e alterazione della diffusione alveolo-capillare dei gas), compare via via più evidente il quadro radiografico, costituito da irregolari opacità lineari più marcate nelle zone basali e paracardiache, con reticolazione fine e immagini sovrapposte a reticolo più grossolano. Gli ispessimenti pleurici, spesso in questa fase calcifici, assumono l'aspetto "a colata di cera" se viste di fronte, e sono meglio visibili quando presi di taglio nel radiogramma (pleura diaframmatica o mediastinica o costale in proiezioni ODA-OSA). '

Il quadro radiografico, caratterizzato da opacità lineari irregolari, è profondamente diverso da quello della silicosi (caratterizzato da opacità rotonde). Come per la silicosi, l'Ufficio Internazionale del Lavoro di Ginevra ha elaborato una classificazione internazionale, in sintesi riportata in tabella

Piccole opacità irregolari

tipo

s = strie di larghezza fino a 1.5 mm

t = strie di larghezza tra 1.5 e 3 mm

u = strie di larghezza superiore a 3 mm

Densità

1 = poco numerose (per unità di superficie)

2 = numerose (per unità di superficie)

3 = molto numerose (per unità di superficie)

Ispessimenti pleurici

Pt = ispessimenti semplici (pleural thickening)

Pc = ispessimenti clacifici (pleural calcification)

La diagnosi di asbestosi si basa pertanto sui seguenti criteri:

Criteri routinari

Anamnesi positiva per prolungata esposizione (con latenza di almeno 10-15 anni) a fibre d'asbesto

Semeiotica all'auscultazione polmonare rantoli subcrepitanti, ad alta tonalità, telerespiratori, non modificati da colpi di tosse

 

Prove di funzionalità respiratoria

deficit ventilatorio restrittivo con decremento FEV1 consensuale al decremento CV (indice di Tiffenau normale)

diffusione polmonare CO con respiro singolo (TLCO)

ridotta in caso di asbestosi conclamata

Radiografia del torace

quadro radiologico di fibrosi interstiziale con immagini tipiche radiopache lineari irregolari, classificabili secondo lo schema ILO 1980 (v.allegato)

Ulteriori approfondimenti per conferma in casi dubbi

HRCT

tomografia computerizzata ad alta risoluzione, con scansioni a potere di risoluzione pari, a qualche decimo di millimetro (questa tecnica permette una predittività pari al 100% contro il 79% della radiodiagnostica standard)

Broncolavaggio

liquido di broncolavaggio positivo per aumentata presenza di neutrofili aumento di IgG LDH e altri elementi presenza di fibre e corpuscoli d'asbesto (riscontri dirimenti)

 

Dal punto di vista della diagnosi differenziale, debbono essere prese in considerazione tutte le interstiziopatie, dalle quali comunque sia l'asbestosi si differenzia per i caratteristici reperti dell'espettorato. Oggi il lavaggio broncoalveolare (BAL) in fibrobroncoscopia permette di evidenziare agevolmente sia la presenza di fibre e corpuscoli sia degli elementi cellulari tipici della alveolite asbestosica.

Per quanto riguarda l'evoluzione della malattia, le manifestazioni asbestosiche polmonari compaiono, come quelle silicotiche, dopo una latenza di vari anni dall'inizio dell'esposizione, ed evolvono progressivamente fino ai quadri più gravi in tempi relativamente lunghi (anni), ed entro certi limiti proporzionali alla quantità di polvere inalata. La diagnosi precocissima, permettendo l'immediato allontanamento dal rischio lavorativo, può evitare la comparsa delle lesioni maggiormente invalidanti, anche se non si ottiene un vero arresto evolutivo. Nella comparsa dei quadri più gravi gioca un ruolo anche l'enfisema, conseguente in parte alla presenza della sclerosi e in parte alla concomitante bronchite. Il quadro terminale dell'asbestosi è quello dell'insufficienza respiratoria o cardiorespiratori a (cuore polmonare cronico). Come la silicosi, in relazione alla riduzione del letto vascolare nel piccolo circolo e verosimilmente anche a uno stato ipossiemico, l'asbestosi condiziona ipertensione polmonare, ipertrofia e sovraccarico ventricolari destri, nonché il quadro noto di cuore polmonare. A differenza della silicosi, l'asbestosi non si complica con la tubercolosi in relazione verosimilmente al meccanismo patogenetico che non comporla l'autolisi dei macrofagi e pertanto non compromette le difese cellulari del parenchima polmonare verso il bacillo di Koch. A differenza sempre della silicosi, l'asbestosi si complica invece con il carcinoma polmonare è epidemiologicamente dimostrato che il portatore di asbestosi ha una probabilità di ammalare di carcinoma polmonare di circa 10 volte superiore rispetto alla popolazione non asbestosica. t anche dimostrato un potente sinergismo tra amianto e fumo di sigaretta nella carcinogenesi. Il portatore di asbestosi che sia anche fumatore ha una probabilità di ammalare di carcinoma polmonare pari a 50 volte quella della popolazione normale. In soggetti esposti ad amianto anche a basse concentrazioni è nota anche una aumentata incidenza di mesoteliomi pleurici e peritoneali.

 

1.7 Manifestazioni pleuriche benigne

Accanto alla citata asbestosi e alle forme maligne (v. oltre), sono da ricordare

1. Le placche.

In genere rappresentano un tardivo segno d'esposizione a fibre d'amianto (anche 20 anni di latenza); esse sono imputabili a qualsiasi fibra d'amianto. Le placche sono in genere formazioni dure adese alla pleura laterale (o parietale), costituite da tralci di denso collagene avascolare, che possono a volte intrecciarsi "a cesto di vimini". Radiologicamente evidenti, non compromettono la funzionalità respiratoria se non in caso di estensione notevole per fenomeno costrittivo ("a corazza"). Frequentemente vanno incontro a fenomeni di calcificazione.

2. Ispessimenti diffusi

Si manifestano in genere a carico della pleura viscerale

3. Versamenti recidivanti

A volte colpiscono i lavoratori esposti sotto forma di pleuriti essudative, spesso con versamento ematico. Si pone talvolta il problema diagnostico differenziale con il mesotelioma in fase iniziale o con neoplasie metastatizzate in pleura.

4. Atelettasie rotonde

Sono ispessimenti circoscritti della pleura viscerale coinvolgenti porzioni di parenchima sottopleurico che assumono l'aspetto di macronoduli di difficile diagnosi differenziale nei confronti di localizzazioni neoplastiche.

1.8 Neoplasie da asbesto

Tutte le patologie neoplastiche maligne da asbesto hanno aspetti istologici e quadri clinici simili a quel delle analoghe forme di differente origine.

Il mesotelioma delle cavita' sierose (prevalentemente di quella pleurica) è il tumore più frequentemente associato all'esposizione ad amianto, il particolare a crocidolite.

Gli studi epidemiologici condotti su lavoratori esposti ad amianto (in particolare ad anfiboli) evidenziano una incidenza di mesoteliomi, che viene riportata in tabella

Incidenza del Mesotelioma pleurico in Italia

Non esposti maschi 0.5-1/100.000/anno

femmine 0.1-0.6/100.000/anno

Esposti maschi e femmine 9/100.000/anno (cioè 10 volte!)

Caratteristica comune a tutti i quadri di mesotelioma è la lunga latenza tra inizio dell'esposizione e insorgenza della neoplasia nei casi descritti negli anni Sessanta presso la Clinica del Lavoro dell'Università di Milano la latenza media era di 30 anni, con un intervallo dai 16 ai 42 anni. Anche altri studi hanno confermato che l'85% dei casi si presenta almeno a 25 anni dalla prima esposizione.

Il mesotelioma, pur essendo neoplasia relativamente rara, costituisce un problema di grande attualità, perche' si sta registrando un progressivo incremento di incidenza che secondo le proiezioni più attendibili continuerà nei prossimi due decenni. li mesotelioma inoltre è un problema di grande complessità, perché presenta aspetti assai peculiari che lo distinguono da tutti gli altri tumori da causa (concausa) nota. Le caratteristiche del mesotelioma impongono criteri diversi da quelli seguiti per tutte le altre neoplasie in ciascuna delle fasi di intervento sul caso singolo. Infine, poiché la malattia è spesso di origine professionale, ai problemi già notevoli nel campo della diagnosi e della terapia si aggiungono quelli altrettanto impegnativi in campo medico-legale e giudiziario. La tab. 5 riporta una sintesi grafica del problema "mesotelioma" allo stato attuale.

Dal punto di vista clinico il tumore si manifesta. inizialmente con dolori toracici aspecifici cui si possono associare versamenti pleurici ematici di lieve entità. Con l'evoluzione e la progressiva estensione della neoplasia il quadro sintomatologico è quello tipico della insufficienza respiratoria restrittiva legata ai sintomi di compressione polmonare.

La diagnosi di mesotelioma [5] non è semplice come quella di tutte le altre neoplasie da concausa nota la prima caratteristica peculiare del mesotelioma è infatti il suo estremo polimorfismo istologico. Poiché nei cavi pleurico e peritoneale, oltre al mesotelioma, si localizzano spesso metastasi di tumori primitivi situati in organi anche lontani che possono restare clinicamente silenti, il momento diagnostico-differenziale è molto impegnativo. Una diagnosi certa di mesotelioma può essere formulata soltanto dopo esame istologico compiuto su materiale abbondante, completato da una indagine estremamente accurata sui principali organi o apparati, che permetta di escludere con sicurezza ogni altro possibile tumore primitivo. Quando manchi l'esame istologico o si disponga soltanto di accertamenti citologici su liquido di versamento, o istologici su scarso materiale (agobiopsia), o radiologici, la diagnosi di mesotelioma deve essere limitata al livello di "possibilità" nessun tipo di considerazione collaterale rispetto all'iter diagnostico corretto può rafforzare conclusioni diagnostiche intrinsecamente deboli in quanto, raggiunte con metodo inadeguato e giustificare la elevazione di una diagnosi di "possibilità" al livello di "probabilità" o peggio a quella di "alta probabilità" prossimo alla certezza. Queste considerazioni hanno importanti riflessi, poiché a esempio la diagnosi di "possibilità" può essere accettata in campo assicurativo-sociale ove la decisione tende a uniformarsi al criterio "in dubio pro misero", ma non può valere in sede giudiziaria ove sono richieste certezze o quanto meno probabilità molto alte, oltre ogni ragionevole dubbio.

Al di là del mesotelioma pleurico, l'insorgenza di mesoteliomi peritoneali nei soggetti con esposizione professionale ad amianto, benché risultante da studi epidemiologici, presenta un meccanismo non ancora del tutto chiarito. Le fibre potrebbero raggiungere l'addome provenendo dal polmone e trasportate dai vasi linfatici.

Il carcinoma polmonare è la più frequente e grave complicanza dell'asbestosi. Indagini epidemiologiche su ampie popolazioni di lavoratori esposti ad amianto e portatori di asbestosi hanno dimostrato l'esistenza di uno spiccato sinergismo tra amianto e fumo di sigaretta entrambi gli agenti sono direttamente cancerogeni, ma la loro combinazione determina un effetto moltiplicatore sulla frequenza di neoplasie nei portatori di asbestosi. Il meccanismo della cancerogenesi da amianto non è noto le indagini sperimentali sembrano escludere una sua genotossicità e quindi si tende a ipotizzare che queste fibre minerali dotate di intenso potere adsorbente, concentrino a livello cellulare altri cancerogeni chimici, come a esempio quelli del fumo, potenziandone gli effetti, oppure che sia la sclerosi interstiziale asbestosica a facilitare la, cancerogenesi. Le incertezze sul meccanismo d'azione ne generano altre, a esempio sulla possibilità che poche fibre d'amianto inalate, insufficienti a determinare l'insorgenza di una asbestosi, siano capaci di favorire la comparsa del cancro polmonare. In altri termini, se è certo che il cancro è una complicanza frequente dell'asbestosi, ancora non è certo che questo possa anche essere l'effetto della. semplice esposizione all'asbesto. Esiste comunque sia una correlazione tra gravità dell'asbestosi e frequenza della complicanza neoplastica si può pertanto affermare che il cancro da amianto è patologia "dose/dipendente". Il quadro clinico e gli aspetti istopatologici dei carcinomi complicanti l'asbestosi sono del tutto sovrapponibili a quelli delle neoplasie polmonari maligne a insorgenza "spontanea" e a quelli da fumo di sigaretta. Si sottolinea un concetto già espresso e valido per tutte le neoplasie professionali nessuna caratteristica del tumore differenzia le forme di origine, professionale dalle altre. Nei casi di cancro polmonare in esposti ad amianto la coesistenza di manifestazioni asbestosiche e di abitudine al fumo costituiscono il più importante riferimento per attribuire una eziologia professionale anche alla neoplasia. In fase di accertamento diagnostico è possibile in questi casi ritrovare cellule neoplastiche e corpuscoli dell'asbesto nello stesso campione di espettorato.

MESOTELIOMA Complessità diagnostica Criteri rigorosi (protocollo nazionale)  Mesotelioma possibile Mesotelioma probabile  Mesotelioma certo

Difficoltà terapeutiche Chirurgia Chemioterapia Radioterapia protocolli e follow up

Obbligo di registrazione Organi del SSN e istituti  previdenziali trasmettono a ISPESL copia di ogni documento clinico perciascun caso asbesto correlato d.lgs. "277/1991" i registri regionali

Aspetti medico-legali e giurisprudenziali Caratteristiche peculiari del m. Latenza con induzione iniziale Non correlazione dose/risposta Autosufficienza (meccanismo patol.nel tempo) Suscettibilità individuale Cocancerogenesi da virus SV40

Anamnesi - BAL - Conteggio fibre (tessuto) - Definizione nesso causalità

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1.9 Il problema della registrazione

E’ da richiamare in via prioritaria il d.lgs. "277/1991", proprio relativo all'amianto e alla registrazione degli esposti, nonché all'obbligo di notifica dei. casi di mesotelioma asbesto-correlati. Si ricorda che per la fibra d'asbesto come sostanza esponente a rischio in ambito lavorativo, per la sua natura cancerogena, deve sussistere per i lavoratori esposti un apposito registro da tenersi presso il luogo di lavoro e da inoltrare in copia all'ISPESL e all'Organo di Vigilanza, con aggiornamento triennale, nonché a richiesta all'Istituto Superiore di Sanità. In caso di cessazione dell'attività di un lavoratore, all'ISPESL va trasmessa anche la sua cartella sanitaria individuale. Questa trasmissione all'lSPESL va fatta anche per lavoratori ancora in forza, se si riscontra la presenza di una -neoplasia asbesto-correlata. Le modalità procedurali sono oggetto di mirate indicazioni ministeriali, volte a costituire il "Registro dei Mesoteliomi asbesto-correlati" presso l'ISPESL.

Le linee-guida interregionali per l'applicazione del d.lgs. "626/1994" sottolineano come "la potenzialità di utilizzo del registro, sia a livello individuale (eventuale successivo riconoscimento della natura professionale di un cancro), sia ai fini epidemiologici, rendano particolarmente delicato l'atto della compilazione del registro non solo il medico competente deve essere m do di compilarlo, ma sono essenziali verifiche da parte dell'organo di vigilanza del SSN (...).

Vale il principio generale che sono da evitare tanto una modulistica priva di un protocollo di utilizzo quanto un protocollo di utilizzo privo di momenti di verifica delle modalità di applicazione". [6]

 

1.10 Sorveglianza sanitaria

Prima di entrare nel merito di procedure e protocolli suggeribili per una corretta gestione della sorveglianza sanitaria di lavoratori potenzialmente esposti a fibre d'amianto, va fatto riferimento al concetto stesso di "sorveglianza sanitaria".

Come già esplicitato in altra sede [7], il ruolo del "medico competente" incaricato della sorveglianza sanitaria di lavoratori è riconducibile ad almeno tre principi disciplinari che caratterizzano la moderna "Medicina del Lavoro"

Medicina Occupazionale con le dovute competenze cliniche, tossicologiche, ergonomiche e una azione forte per quanto riguarda l'espressione della specifica idoneità al lavoro di ciascun operatore, e la sua informazione/formazione.

Medicina Ambientale con le dovute conoscenze delle problematiche ambientali esterne all'unità produttiva, ma connesse con il suo impatto sull'ambiente circostante, con una azione fortemente sinergica con le politiche ambientali non più abdicabili di una impresa.

Medicina di Comunità con il dovuto riconoscimento delle patologie anche solo parzialmente lavoro-correlate, o degli effetti indesiderati per l'uomo (al lavoro) a eziologia non lavorativa, con una azione forte per quanto riguarda l'attenzione (deontologicamente inalienabile) all'uomo, globalmente inteso, nella sua interezza psicofisica, ancorché presente sul luogo di lavoro per poche ore al giorno.

Attraverso una non facile lettura di questi tre principi, la sorveglianza sanitaria che il "medico competente ", chiunque esso sia, è chiamato a svolgere si esprime sul piano formale nel giudizio di idoneità alla mansione specifica (art. 16 del d.lgs. "626/1994"), che di fatto è tutto fuorché un mero atto formale.

L'idoneita' mansione specifica "è da intendersi come espressione del livello (il più elevato possibile) di compatibilità tra l'uomo e il suo lavoro. Ciò significa definizione dettagliata delle capacità di lavoro di una persona nota in rapporto a una nota sequenza di compiti in una conosciuta attività di lavoro (rischi valutati), tenuto conto dei dinamismo evolutivo del sistema uomo-lavoro". [7]

Tutto ciò premesso, si evince come sia determinante per la sorveglianza sanitaria stessa non prescindere da una attenta valutazione dei rischi in ambito lavorativo, richiamata dalle stesse norme vigenti, e da una dettagliata analisi dei compiti lavorativi che ciascun operatore è chiamato a espletare in specifiche (e non generiche) realtà di lavoro.

Questo e' compito del datore di lavoro, attraverso il concorso sinergico del Servizio di Prevenzione e Protezione, del Medico Competente, del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza.

In altri termini, la sorveglianza sanitaria del personale (quindi anche del professionalmente esposto a fibre d'amianto) non è l’esecuzione acritica di protocolli clinici precostituiti.

 

1.11 Lavorazioni esponenti

Si ricorda che la norma di legge nota come "257/92" vieta l'impiego dell'amianto a qualsiasi livello. Pertanto, buona parte delle lavorazioni sottoelencate si possono oggi inquadrare come fonti di pregresse fonti espositive, salvo le ultime tre. Le lavorazioni che comportano (ma soprattutto hanno storicamente comportato) l'esposizione professionale a fibre d'asbesto sono molteplici, tra cui in particolare

1. estrazione (miniera o cava), con i diversi procedimenti di coltivazione, traslazione, frantumazione e macinazione, selezione e confezionamento;

2. produzione manufatti d'attrito, come freni o frizioni per l'industria automobilistica e impiantistica meccanica, con le operazioni di miscelazione e pressatura (a caldo e a freddo), finitura e foratura;

3. produzione manufatti tessili, con le operazioni di cardatura, filatura, torcitura, tessitura e confezionamento;

4. produzione semilavorati in cartone-asbesto, con operazioni di laminatura e finitura;

5. produzione e applicazione di componenti in asbesto per coibentazione termica e acustica;

6. impiego di semilavorati in asbesto nell'industria chimica (filtri, resine termoindurenti, guarnizioni, laminati gommesi, etc.);

7. produzione di bitumi per rivestimenti piani e pavimentazioni;

8. produzione di lastre in cemento-amianto, posa in opera delle stesse con operazioni di taglio, foratura, ancoraggio, finitura;

9. attività di scoibentazione, con rimozione dei manufatti in condizioni precarie;

10. rimozione dei rivestimenti, e delle coperture in cemento-amianto, sia in situazioni occasionali, sia in situazioni di notevole entità (per esempio le grandi aree dismesse).

11. manipolazione dei rifiuti derivanti dalle attività di smaltimento.

Considerando, almeno nei paesi europei, il divieto per l'impiego lavorativo di amianto (in Italia dal 1994 per effetto della legge "257/1992"), il problema espositivo è prevalentemente legato alle attività e alla manipolazione di semilavorati e/o prodotti antecedenti il 1994, ma soprattutto alle opere di scoibentazione e rimozione in edilizia sia tradizionale sia industriale e di vaste aree dismesse.

Ai fini di una corretta sorveglianza sanitaria valgono in prima istanza le indicazioni procedurali e le norme comportamentali per chi è chiamato a operare in possibile esposizione professionale a fibre d'amianto, vale a dire l'adozione di idonee misure precauzionali, di adeguati presidi protettivi individuali, l'informazione e la formazione esaustive e mirate allo scopo. Di questi presupposti si tratta in altre parti di questo lavoro.

Per quanto riguarda gli accertamenti clinici, essi derivano dalle indicazioni sia delle Comunità Scientifiche sia delle norme di legge al riguardo; tra queste ultime pare utile ricordare

- direttiva CEE 19 settembre 1983 "sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un'esposizione all'amianto durante il lavoro" - 83/477/CEE;

- direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985 recante VII modifica (amianto) della direttiva 76/769/CEE;

- direttiva del Consiglio 19 marzo 1987 "concernente la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento dell'ambiente causato dall'amianto (87/217/CEE)";

- legge 12 aprile 1943, n. 455 "estensione dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali alla silicosi e all'asbestosi";

- ordinanza Ministero Sanità 26 giugno 1986 "restrizioni all'immissione sul mercato e all'uso della crocidolite e dei prodotti che la contengono";

- circolare Ministero Sanità 10 luglio 1987 n. 45 "piano di intervento e misure tecniche per la individuazione ed eliminazione del rischio connesso all'impiego di materiali contenenti amianto in edifici scolastici e ospedalieri pubblici e privati ";

- d.P.R. 24 maggio 1988 n. 215 "attuazione delle direttive 83/478/CEE e 80/1107/CEE recanti rispettivamente la V e la VII modifica (amianto) della direttiva 76/769/CEE";

- d.lgs. 15 agosto 1991 n. 277 "attuazione delle direttive 80/1107/CEE, 82/605/CEE, 83/477/CEE, 86/188/CEE, 88/462/CEE in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell'art. 7 della legge 30 luglio 1990 n. 212";

- legge 27 marzo 1992 n. 257 "norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto";

- circolare Ministero Sanità 25 novembre 1991 n. 23 "usi di fibre di vetro isolanti - problematiche igienico sanitarie istruzioni per il corretto impiego";

- d.P.R. 1124 del 30 giugno 1965, "Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali";

- decreto ministeriale 21 gennaio 1987 "Norme tecniche per l'esecuzione di visite periodiche ai lavoratori esposti al rischio di asbestosi".

A queste è bene aggiungere la circolare 35/SAN/1993 (Giunta Regione Lombardia, Settore Sanità), concernente le linee guida per l'applicazione del d.lgs. "277/1991" in ordine ai rischi derivanti dall'esposizione lavorativa a piombo, amianto e rumore, così come - ovviamente - va tenute presente, soprattutto e in testa alle altre indicazioni, il d.lgs. "626/1994" integrato dal d.lgs. "242/1996", compreso il suo Titolo VII ("protezione da agenti cancerogeni").

Gli accertamenti clinici e clinico-strumentali da eseguirsi per lavoratori potenzialmente esposti a fibre d'amianto sono

- visita medica, con raccolta dei dati anamnestici, esame obiettivo soprattutto del torace, compilazione della cartella sanitaria individuale e del formulario richiesto ai sensi del d.P.R. 1124/1965;

- radiografia del torace (nel caso di prima visita medica all'inizio dell'esposizione a rischio); nel caso di visite mediche periodiche successive, la radiografia del torace può essere sostituita da almeno 3 dei seguenti indicatori

- ricerca dei corpuscoli dell'asbesto nell'espettorato

- ricerca di siderociti nell'espettorato

- documentata (presenza negativa/positiva) ricerca di rantolini crepitanti basilari

- prove di funzionalità respiratoria a riposo (curva flusso/volume)

- studio della diffusione alveolo-capillare dei gas

- elettrocardiogramma;

Criteri e modalità degli accertamenti clinici seguiranno anche le indicazioni contemplate nelle norme al riguardo, e in particolare

- accertamenti clinici ai fini dell'idoneità specifica in occasione dei rilascio autorizzativo ai lavori da parte dell'USSL competente;

- certificazione di malattia professionale (anche sospetta), se del caso, con obbligo del referto, ai sensi del d.P.R. "1124/1965" e della legge "780/1975";

- tenuta del "registro degli esposti" (v. d.lgs. 277/1991) con trasmessa copia agli organi competenti;

- segnalazione all'ISPESL, dei casi di mesotelioma da amianto (art. 36 del d.lgs. "277/1991").

1.12 Amianto come causa di tecnopatia

E’ utile ricordare che le patologie da asbesto sono indennizzabili dall'INAIL in quanto malattie professionali (tecnopatic v. anche d.P.R. 336/1994).

Ai fini previdenziali, l'INAIL suggerisce il seguente protocollo diagnostico [8]

ASBESTOSI

anamnesi

accurata, soprattutto lavorativa pregressa

esami clinici

esame obiettivo con particolare attenzione

all'apparato respiratorio

esami di laboratorio

emocromo completo

BK espettorato

VES

ricerca corpuscoli dell'asbesto nell'espettorato

esami strumentali Rx torace (OAD-OAS secondo BIT '80)

ECG

spirometria

DLCO

HRCT

 

MESOTELIOMA, CARCINOMA POLMONARE

 

anamnesi

accurata, soprattutto lavorativa pregressa

esami clinici

esame obiettivo con particolare attenzione

all'apparato respiratorio

esami di laboratorio

emocromo completo

VES

EGA

Esami citologici espettorato, liquidi pleurico e peritoneale

es. immunoistochimici (conferma diagnosi di mesotelioma)

citrocheratina+

vimentina+

BER EP4-

CEA-

EMA+

esami strumentali

Rx torace

HRCT

ECG

spirometria

DLCO

EGA

esami strumentali

Ecografia cardiaca e addominale

Ev. laparoscopia con biopsia

Ev. biopsia in TAC

1.13 Linee guida regionali in applicazione del d.lgs. "277/1991" (circolare 35/SAN/1993 Giunta Regione Lombardia, Settore Sanità)

Con riferimento ai controlli sanitari dei soggetti professionalmente esposti a fibre d'amianto, pare utile richiamare il paragrafo relativo proprio alla sorveglianza sanitaria, contemplato nella già citata circolare regionale [9].

"Il datore di lavoro, in conformità al parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive per singoli lavoratori, sulla base delle risultanze degli esami' clinici effettuati e, ove necessario, procede all'allontanamento anche temporaneo dal l'esposizione. I lavoratori possono ricorrere, dandone informazione scritta al datore di lavoro, entro 30 giorni contro le misure adottate nei loro confronti all'Organo di Vigilanza, che - valutati gli accertamenti effettuati dal medico competente e disponendone se necessario di ulteriori - può confermare, modificare o revocare i provvedimenti.li medico competente deve informare i lavoratori sul significato degli accertamenti sanitari.

La sorveglianza sanitaria peraltro deve proseguire anche dopo la cessazione dell'esposizione, trattandosi di agente con effetti a lungo termine (art. 4, comma 1, lettera p), anche se la legge non fa riferimento alla periodicità dei controlli medici, né al limite di estensione nel tempo di tali controlli. Spetta infatti al. medico competente fissare il programma di sorveglianza sanitaria sulla base dei seguenti criteri orientativi

- controlli tanto più frequenti quanto maggiori sono stati il rischio (entità e durata dell'esposizione) e/o l'importanza concorsuale di fattori sinergici e/o l'evidenza di alterazioni subeliniche attribuibili al rischio specifico;

- controlli a intervalli via via maggiori quanto più ci si allontana dal periodo di latenza media dell'effetto atteso".

1.14 Livelli di azione regionale per la sorveglianza sanitaria i "Centri di Riferimento Regionali" per l'Amianto

La complessa azione programmatica regionale per quanto concerne l'Amianto riguarda linee e procedure d'intervento in ordine a

1. censimento (imprese pubbliche e private, edifici pubblici, aree dismesse, impianti industriali con coibentazioni, materiali rotabili e natanti), a cura dei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL lombarde;

2. procedure di decontaminazione e bonifica (con le indicazioni formalmente già stigmatizzate e riportate nel piano "Amianto" regionale);

3. procedure e individuazione degli impianti di smaltimento (con riferimento particolare alla circolare regionale SAN/ECOL n. 4 del 1993);

4. adempimenti ai sensi del d.lgs. "277/1991 ";

5. accertamenti finalizzati al controllo della salubrità ambientale (a cura dei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL sensi dell'art. 8 del d.P.R. 8 agosto 1994);

6. formazione e specializzazione del personale (attraverso corsi di 30 e 50 ore per operatori addetti e datori di lavoro, secondo la. programmazione regionale varata nel 1997);

7. centri di riferimento per indagini analitiche (accanto agli esistenti centri di riferimento regionale, di cui alla tabella n. 7, il coinvolgimento dei PMIP per le analisi in microscopia ottica).

Per quanto riguarda infine l'ultimo punto del piano, di pretto interesse sanitario, si riporta quanto contenuto nel piano medesimo, a proposito dei Registro Regionale del Mesotelioma

"Presso il Centro di Studio e Ricerca sugli effetti biologici delle polveri inalate, operante nell'Istituto di Medicina del Lavoro dell'Universtà degli Studi di Milano, nonché presso gli Istituti di Medicina del Lavoro delle Univesita' lombarde e presso le Unità Operative Ospedaliere di Medicina del Lavoro è istituito il Registro Regionale del Mesotelioma. Ognuna delle strutture sopra indicate rileverà i dati del proprio bacino d'utenza. Tutti i dati afferiranno presso il Centro di Studio e Ricerca sugli effetti biologici delle polveri inalate, ove è istituito il Registro Regionale per il Mesotelioma. L'Istituto di Medicina del Lavoro dell'Università degli Studi di Milano a tal fine definisce anche la standardizzazione dei metodi di raccolta dei dati rilevati e le modalità di recapito dei campioni biologici. Il Registro Regionale per il mesotelioma raccoglierà la documentazione completa per tutti i casi di mesotelioma che si manifestano in Lombardia al fine di monitorare adeguataniente questo problema di salute pubblica e anche per individuare i frequenti casi misconosciuti a eziologia professionale, dando corso per questi agli adempimenti previsti dalla legge. Nei casi sottoposti a intervento chirurgico il Centro Regionale di Microscopia Elettronica effettuerà la misura delle concentrazioni polmonari di fibre d'amianto. In tutti i casi i ricercatori dei centri sopra indicati ricostruiranno l'anamnesi lavorativa ed extralavorativa.

La Regione trasmetterà le adeguate indicazioni operative ai nosocomi, agli specialisti pneumologi, ai chirurghi toracici e alle strutture già in funzione a livello provinciale per la registrazione dei tumori. Il Registro Regionale per il Mesotelioma funzionera' in collegamento con i centri di raccolta dati sul mesotelioma già attivati a livello nazionale (ISPESL, ISS, PANEL Italiano Mesoteliomi)" [8].

TABELLA: i Centri di riferimento Regione Lombardia per Amianto

Milano PMIP - Presidio Multizonale di Igiene e Prevenzione

Desio UOOML - Unità Operativa Ospedaliera di Medicina del Lavoro

Sesto San Giovanni UOOML - Unità Operativa Ospedaliera di Medicina del Lavoro

Varese PMIP - Presidio Multizonale di Igiene e Prevenzione

Brescia PMIP - Presidio Multizonale di Igiene e Prevenzione

Lecco PMIP - Presidio Multizonale di Igiene e Prevenzione (ex UOOML)

Bibliografia

1. F. GOBBATO Il Medico Competente - PMS Udine 1995

2. Amianto rischi, controllo e prevenzione - Manuale di indirizzo per le unità operative, servizi e presidi di prevenzione delle USSL della Regione Lombardia, a cura del Settore Sanità e Igiene, Servizio Igiene Pubblica della Regione Lombardia - Lombardia Risorse s.p.a., Milano, 1992

3. CHIAPPINO, G. TOMASINI, M. Medicina del Lavoro - R. Cortina Ed. Milano 1994

4. L. AMBROSI, V. Fok Trattato di Medicina del Lavoro - UTET Torino 1996

5. CHIAPPINO, G. SANTAMBROGIO, L. NOSOTTI, M. (a cura di) Focus on Mesotelioma Pleurico Maligno diagnosi e terapia oggi - Atti del convegno - 27-28 Settembre 1996 - Milano

6. Linee guida per l'applicazione del dlgs. "626/1994" Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome a cura dell'Azienda USL di Ravenna (Emilia Romagna) - 1996

7. G. CATENACCI, G. FELTRIN Il medico competente e la valutazione del rischio nel dlgs. "626/1994" La Goliardica Pavese Pavia 1995

8. INAIL Malattie profissionali tabellate Elementi diagnostici - INAIL Milano,1994 (II edizione)

9. Circolare regionale 35/SAN/1993 "Linee guida per l'applicazione del d.lgs. "277/1991" in ordine ai rischi derivanti dall'esposizione lavorativa a piombo, amianto, rumore".

10. Deliberazione di Giunta Regione Lombardia n. 2490 del 22 Settembre 1995, concernente il "piano amianto" - 1995up.jpg (878 byte)

 

CAPITOLO 2 - BONIFICA DA AMIANTO E PREVENZIONE

 

2. BONIFICA DA AMIANTO E PREVENZIONE

 

2.1 Premessa

Lo scopo di questa sezione è quello di fornire ai Servizi di Prevenzione nell’ambito dell'attivítà di indirizzo e controllo da essi svolta, delle indicazioni su requisiti tecnici da verificare, le modalità operative, le misure di prevenzione primaria che devono essere adottate e i controlli da effettuare nel caso dì interventi di bonifica da amianto.

Il lavoro di seguito illustrato è stato sviluppato seguendo i paragrafi del d.m. 6 settembre 1994, cercando di approfondire quegli aspetti che possono comportare operatività disomogenee e contraddittorie.

Per quanto riguarda l'attività di Censimento delle strutture e dei manufatti contenenti amianto e la valutazione del rischio, si rimanda rispettivamente a quanto la Regione ha indicato nel Piano Regionale di Protezione, Decontaminazione, Smaltimento, Bonifica dell'Ambiente ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall'amianto (settembre 1995) e al capitolo 2 del dm. 6 settembre 1994.

Si ricorda inoltre che le sanzioni amministrative e penali in caso di inosservanza della L. 257/92 vengono indicate nell'allegato II.

2.2 Aspetti preliminari

Per la bonifica da amianto sostanzialmente sono adottate tre principali tecniche

Per materiali friabili e mediamente friabili

- Rimozione; tecnica del glove-bag

- Incapsulamento;

- Confinamento;

Per materiali in cemento amianto

- Rimozione;

- Incapsulamento;

- Sovracopertura;

Con l'entrata in vigore del d.lgs. 494/96 - Attuazione delle direttive 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili, i lavori che comportano la manipolazione dì amianto o di manufatti che lo contengono, rientrano nell'ambito di applicazione della norma (art. 11 lavori che comportano rischi particolari)

I Committenti/Responsabili dei Lavori, dovranno inviare all'Organo di Vigilanza la Notifica Preliminare (art. 11), che è un obbligo del committente ed è aggiuntiva rispetto alla notifica del piano di lavoro da parie di chi esegue materialmente l'intervento di bonifica ai sensi dell'art. 34 del d.lgs. 277/91, e in dipendenza dei limiti dimensionali del cantiere dovranno designare i Coordinatori in materia di sicurezza (art. 3). Tale notifica non è soggetta a tariffazione.

I lavori non possono essere scorporati o considerati singolarmente rispetto all'intero intervento di ripristino/realizzazione dell'opera (es. rimozione delle lastre in eternit e successiva posa di nuova copertura; bonifica dell'impianto e successiva coibentazione; bonifica da amianto, demolizione e successivo ripristino dell'opera).

2.3 Attività di manutenzione e custodia

Programma di controllo

Il proprietario dell'immobile dov’e’ sono presenti manufatti di amianto e/o il Responsabile dell'attività che vi si svolge, nell'ambito del programma di controllo deve.

- nominare un responsabile ai fini della sorveglianza delle attività manutentive;

- contrassegnare le strutture o loro parti per segnalare la loro presenza;

- ispezionare il materiale, se friabile, almeno una volta l'anno trasmettendo la relazione alla USSL competente;

- fornire corrette informazioni agli occupanti l'edificio sulla presenza di amianto e sui comportamenti da adottare;

- predisporre specifiche procedure e misure di sicurezza per tutte le attività di manutenzione che possano causare disturbo dei materiali contenenti amianto,

Le operazioni di manutenzione vera e propria possono essere raggruppate in tre categorie

a) interventi che non comportano contatto diretto con l'amianto;

- per questi interventi occorre preliminarmente assicurarsi che le zone, dove è presente l'amianto, siano sufficientemente segnalate. Agli addetti ai lavori deve essere impartito formale divieto di compiere operazioni che possono in qualsiasi modo arrecare disturbo al materiale contenente amianto.

b) interventi che possono interessare accidentalmente i materiali contenenti amianto;

- le procedure devono contenere oltre a quanto consigliato per il punto a), anche un piano preventivo di protezione dei manufatti (utilizzo di teli, pannelli, cesate, ecc.) in modo tale da scongiurare i contatti accidentali.

c) interventi che intenzionalmente disturbano zone limitate di materiali contenenti amianto;

- si cita, ad esempio, la riparazione urgente di un rubinetto, di una flangia, di un tratto di tubazione, di un impianto tecnologico attivo (la cui riparazione deve essere effettuata in tempi brevissimi), coibentati con amianto. Se in questi casi èindubbio che l'intervento debba avvenire in tempi brevi, è altrettanto chiaro che tali operazioni, che comportano necessariamente un disturbo dei materiali contenenti amianto, debbano essere svolti seguendo un preciso piano operativo preventivamente predisposto il nulla osta verrà rilasciato in riferimento al piano di lavoro preventivo con prescrizione di sola comunicazione via fax di inizio lavori quando necessita una manutenzione e/o sostituzione.

Operazioni di manutenzione che comportino un esteso interessamento dell'amianto, non possono essere consentite, se non nell'ambito di progetti di bonifica.

2.4 Piani di lavoro per attività che arrecano disturbo a manufatti e/o strutture contenenti amianto

Ogni qualvolta si possa arrecare disturbo al manufatto o alle strutture contenenti amianto sia in occasione di operazioni di bonifica diverse dalla rimozione/demolizione, sia durante gli interventi relativi all'attività di manutenzione, è fondamentale che l'Organo di Vigilanza attivi e solleciti le Imprese perché comunichino preventivamente il progetto dell'intervento che intendono effettuare.

Infatti essendo lavori tipici di cantiere, per la loro temporaneità e mobilità, che comportano un livello di rischio non trascurabile, è opportuno che l'organo di controllo sia informato relativamente alle modalità di esecuzione, al fine di esercitare l'attività di prevenzione (analisi e valutazione del progetto di intervento) e se ritenuto opportuno un controllo durante la fase esecutiva.

Si rammenta inoltre che

- Il datore di lavoro ha l'obbligo di effettuare la valutazione dei rischio ai sensi dell'art. 24 d.lgs. 277/91;

- Devono essere aggiornati i dati del censimento;

2.3 Contenuti del piano di lavoro art. 34 dlgs. 277/91

Di seguito si riportano precisazioni ed integrazioni

"Art. 34 comma 2"

Il piano prevede misure necessarie per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori e la protezione dell'ambiente esterno

- Per la sicurezza opere provvisionali al fine di ridurre i rischi di infortunio; informazione/formazione/addestramento.

- Per la salute dei lavoratori idoneità specifica alla mansione; programma di sorveglianza sanitaria e nomina del Medico competente; informazione/formazione/addestramento; dispositivi di protezione collettivi e individuali.

- Per la protezione dell'ambiente isolamento delle lavorazioni, trattamento dell'aria contaminata, trattamento dei rifiuti e modalità di smaltimento, decontaminazione delle acque, delle attrezzature, delle aree bonificate, monitoraggi ambientali (interni ed esterni) e modalità di restituzione dell'area.

"Art. 34 comma 3"

Il piano in particolare prevede

a) rimozione dell’amianto ovvero dei materiali contenenti' amianto, prima dell'applicazione delle tecniche di demolizione, se opportuno (vedi d.m. 6 settembre 1994 cap. 3 punto 3d-v);

b) la fornitura ai lavoratori di appositi mezzi individuali di protezione

- dovrà essere specificato il tipo di bonifica e le motivazioni che hanno condotto a tale scelta; data presunta di inizio dei lavori e loro dorata;

- devono essere riportate informazioni specifiche e non generiche sui DPI in relazione alla tipologia del lavoro che si intende svolgere e alla valutazione preventiva dei rischio;

c) adeguate misure per la protezione e decontaminazione del personale incaricato dei lavori

- per la realizzazione dell'unità di decontaminazione si rimanda al punto 2.73; dovrà essere riportato un disegno planimetrico della stessa e descritto l'arredo;

d) adeguate misure per la protezione di terzi e per la raccolta e lo smaltimento dei materiali

- descrizione cronologica delle fasi di lavoro e specificazione delle relative procedure;

- confinamento dell’area (spessore PE, utilizzo di confinamenti rigidi o con tecniche diverse per es. in cantieri per impianti all'aperto);

- metodi di contenimento dell'aerodispersione delle fibre;

- segnaletica di sicurezza;

- quantità previste di materiale rimosso;

- modalità di traslazione sacchi fuori dall'area contaminata e stoccaggio rifiuti,

- autorizzazioni allo stoccaggio provvisorio, trasporto e smaltimento;

e) l'adozione, nel caso in cui sia previsto il superamento dei valori limite di cui all'art. 31, delle misure di cui all'art 33, adattandole alle particolari esigenze del lavoro specifico;

- devono essere richieste le informazioni relative alle procedure che si intendono adottare in caso di situazioni di preallarme e allarme previsti al cap. 5 punto 11 del d.m. 6 settembre 1994;

"Art. 34 comma 4"

- indicazioni precise sulla ubicazione del cantiere punti di intervento e stima delle superfici da trattare ed approssimativamente il quantitativo di materiale da asportare"

- n. degli estrattori con descrizione delle caratteristiche tecniche (non deve essere, accettata la presentazione di fotocopie di schede generiche, molto spesso illeggibili e non riconducibili all'attrezzatura effettivamente utilizzata).

Nel caso di bonifica per incapsulamento dovranno essere riportati

- i requisiti dei prodotti utilizzati e relative certificazioni di idoneità.

Nel piano di lavoro dovranno essere riportati

- i nominativi e la mansione degli addetti, (specificando se dipendenti o lavoratori autonomi);

copia della certificazione di idoneità specifica alla mansione., rilasciata dal Medico Competente e copia del Protocollo Sanitario cui sono sottoposti i lavoratori;

- copia del libretto di lavoro utile a valutare le esperienze lavorative precedenti nel settore;

- programma di formazione/addestramento, che non può essere di durata inferiore alle trenta ore, così come previsto dall'allegato 3 del "Piano Regionale di Protezione, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica dell'ambiente ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall'amianto" da effettuarsi entro il 31 dicembre 1998. I corsi in atto sono tenuti dalle Asl Regionali e sono indirizzati a tutte le imprese che sono esposte ad amianto.

Prescrizioni minime da riportare su parere autorizzativo

In caso di bonifica di materiale friabile o in matrice friabile, deve essere sempre impartita la prescrizione di tenere un registro di cantiere (si propone la vidimazione da parte della ASL competente; invio copia di tale registro alla Regione unitamente alla relazione annuale).

Si dovrà registrare, tra l'altro, giornalmente quanto segue

- nominativi degli addetti con relativa mansione quotidiana;

- descrizione operazioni principali effettuate, con annotazione delle anomalie verificatesi e relativi provvedimenti intrapresi;

- allontanamento dei rifiuti;

2.6 Idoneità delle imprese appaltatrici

Le imprese dovranno documentare la loro idoneità comunicando alla ASL competente il nominativo del RSPP e tenendo a disposizione in caso di controllo

- il documento valutazione dei rischi (art. 4 d.lgs. 626/94);

- la dotazione delle attrezzature di lavoro e di decontaminazione;

- la qualificazione del personale;

- il nominativo del laboratorio che effettuerà i prelievi e le analisi dei campioni ed eventuale accreditamento.

Se la ditta non dimostra sufficientemente i necessari requisiti, si ritiene che il Servizio debba comunicare le carenze al Committente dei lavori.

2.7 Misure di sicurezza da rispettare durante gli interventi di bonifica

Le indicazioni di seguito riportate costituiscono parte integrante del piano lavoro che deve essere presentato alla ASL a cura del datore di lavoro. Ne consegue che in caso di subappalto, ogni datore di lavoro dovrà sottoscrivere il piano presentato.

- E’ opportuno, per le opere più complesse, eseguire un sopralluogo nell'area in cui verrà installato il cantiere al fine di verificare la congruità del P.L., la reale possibilità di effettuare la bonifica con la procedura dichiarata, la possibilità di Sboccano in sicurezza i rifiuti in attesa del conferimento ecc.

- L'art. 34 del d.lgs. 277/91 prevede al comma 2 che le misure per garantire la sicurezza, la salute dei lavoratori e la protezione dell'ambiente esterno debbano essere contenute nel piano di sicurezza. Nel piano devono pertanto essere inserite le informazioni relative alle opere provvisionali utilizzate (ponteggi, parapetti, trabattelli, reti di sicurezza), alla protezione dei lavoratori (cinture/imbracature di sicurezza), alla tutela ambiente. In caso contrario, il P.L. non è completo.

- Se necessario, richiedere le modifiche al P.L. con apposito atto prescrittivo, in modo tale che esse ne diventino parte integrante. L'impresa dovrà rispondere prima dell'inizio dei lavori, con lettera di accettazione.

- Il non rispetto delle misure riportate nel piano e delle prescrizioni impartite costituisce violazione all'art. 34.

L'organo di vigilanza potrà annotare sul Registro di Cantiere osservazioni, prescrizioni e operazioni di controllo, effettuate in occasione dei sopralluoghi. Al termine dei lavori è opportuno trattenerne una copia.

2.7.1 Materiali friabili

I lavori di bonifica di materiali friabili contenenti amianto dovranno essere eseguiti attenendosi alle raccomandazioni contenute nei punti seguenti

1 - Allestimento del cantiere

Se l'ambiente in cui avviene la rimozione non è naturalmente confinato, occorre provvedere alla realizzazione di un confinamento artificiale con idonei divisori.

- I divisori devono essere progettati anche in relazione alle attività che si svolgono nell'edificio, nonché al tipo di utenza. Si dovrà valutare, ad esempio, il transito di mezzi di trasporto che possono accidentalmente danneggiare i confinamenti, o la presenza di minori o di estranei che possono attraverso attività ludiche o con atti vandalici provocare il danneggiamento dei confinamenti.

- Per lavori di notevole dimensioni, che comportano lavorazioni protratte nel tempo (alcuni mesi) si dovrà garantire una maggiore sicurezza e tenuta nel tempo della struttura di confinamento grazie all'adozione di tecniche particolari come per esempio l'installazione di un doppio listello ligneo per rinforzare la struttura in PE, la sigillatura dei bordi esposti con poliuretano etc.

- La zona confinata in PE dovrà essere dotata di appositi oblò in policarbonato o vetro che consentiranno dall'esterno di vigilare sui lavori svolti nell'area confinata.

- Prima dell'inizio del lavoro, la zona dovrà essere sgombrata da tutti i mobili, materiali, attrezzature, equipaggiamenti di ventilazione, condizionamento e riscaldamento dell'aria che possono essere smontati spostati.

- Le attrezzature inamovibili dovranno essere isolate e sigillate, così come tutte le aperture e i condotti di impianti tecnologici e i cavedi.

- Dovranno essere individuati alcuni punti ove effettuare i controlli da parte degli organi di vigilanza.

Il pavimento e le pareti dell'area di lavoro dovranno essere ricoperti da almeno due o più fogli di polietilene di spessore adeguato.

- Se devono essere utilizzati dei trabattelli durante la scoibentazione, è opportuno posizionare a pavimento un ulteriore foglio di materiale plastico (tipo linoleum), al fine di evitare che la movimentazione delle attrezzature, possa causare lacerazioni o rotture dei teli.

Per realizzare un efficace isolamento dell'area di lavoro è necessario, oltre al l'installazione delle barriere (confinamento statico), l'impiego di un sistema di estrazione dell'aria che metta in depressione, il cantiere rispetto all'esterno (confinamento dinamico).

- Di nonna vengono richiesti 4 o 5 ricambi/ora. Negli ambienti molto piccoli, per evitare l'implosione dei teli è possibile inserire in punti opportuni alcune "finestre" con filtri assoluti in modo da favorire un parziale reintegro dell'aria. Le prolunghe con tubi flessibili, devono essere collocate in modo da garantire in tutte le zone del cantiere un corretto movimento dell'aria. 1 punti di captazione non devono risultare troppo vicini alle aperture.

- In fase di valutazione del piano si deve preferire l'uso di più estrattori con portate ridotte a uno solo di portata maggiore. In questo modo oltre a favorire un omogeneo lavaggio dell'aria si potrà contare, in caso di blocco di un estrattore, sugli altri funzionanti.

- Presso il cantiere deve essere presente un gruppo elettrogeno che deve essere azionato in caso di mancanza di energia elettrica (per mantenere gli estrattori costantemente in funzione).

- Tutti i filtri usati devono essere insaccati e trattati come rifiuti contaminati da amianto.

- Per controllare che i filtri vengano effettivamente sostituiti periodicamente, è necessario prescrivere all'impresa scoibentatrice la registrazione dell'operazione nel registro di cantiere.

- I filtri devono essere raccolti in sacchi distinti dagli altri rifiuti.

2 - Collaudo del cantiere

- La norma non fa alcun riferimento alla eventuale presenza dell'organo di vigilanza alle prove di collaudo del cantiere. Di fatto questo risulta un momento delicatissimo. t pertanto opportuno, all'atto del rilascio del parere, prescrivere all'impresa la comunicazione preventiva della data esatta dell'inizio lavori al fine, di permettere all'Organo di vigilanza di presenziare alle operazioni di collaudo.

Dopo che è stato completato l'allestimento del cantiere, compresa l'installazione dell'unità di decontaminazione e prima dell'inizio di qualsiasi operazione che comporti la manomissione dell'amianto, i sistemi di confinamento devono essere collaudati mediante prove di tenuta.

a) Prova della tenuta con fumogeni

L'area di lavoro, tenuta in leggera pressione, viene saturata con un fumogeno e si osservano all'esterno dei cantiere, le eventuali uscite di fumo. Occorre ispezionare, a seconda delle situazioni le barriere di confinamento, il perimetro esterno dell'edificio, il piano sovrastante. Tutte le falle individuate vanno sigillate dall'interno.

b) Collaudo della depressione

Si accendono gli estrattori uno alla volta e si osservano i teli di plastica delle barriere di confinamento questi devono rigonfiarsi leggermente formando un ventre rivolto verso l'interno dell'area di lavoro. La direzione del flusso dell'aria viene verificata utilizzando fialette fumogene

- L'estrazione del fumo intasa i filtri HEPA degli estrattori, è pertanto opportuno che d'operazione venga svolta con i soli pre-filtri.

- La verifica deve essere fatta anche all'interno del cantiere per individuare eventuali "sacche" dove potrebbe non essere garantito un adeguato ricambio.

La misura della depressione può essere effettuata con un manometro differenziale, munito di due sonde che vengono collocate una all'interno e l'altra all'esterno dell'area di lavoro.

- Il controllo della depressione e della portata degli estrattori può essere fatta anche empiricamente calcolando il tempo necessario per l'evacuazione totale dei fumi.

3 - Area di decontaminazione

Dovrà essere approntato un sistema di decontaminazione del personale composto da quattro zone distinte, come qui sotto descritte

a) Locale equipaggiamento

Questa zona avrà due accessi uno adiacente all'area di lavoro e l'altro adiacente al locale doccia. Pareti, soffitto, pavimenti saranno ricoperti con un foglio di plastica di spessore adeguato. Un apposito contenitore di plastica deve essere sistemato in questa zona per permettere agli operai di riporvi il proprio equipaggiamento, prima di passare al locale doccia.

- Questa zona dovrà contenere anche appoggi (attaccapanni, panche o quant'altro) per rendere agevole la svestizione degli indumenti a perdere (tuta, copri scarpe, guanti); dovrà essere inoltre dotata di attrezzature per rimuovere il nastro adesivo da, polsi e gambali (forbici).

b) Locale doccia

La doccia sarà accessibile dal locale equipaggiamento e dalla chiusa d'aria. Questo locale dovrà contenere come minimo una doccia con acqua calda e' fredda e sarà dotato dove possibile di servizi igienici. Dovrà essere assicurata la disponibilità continua di sapone in questo. locale.

- Sapone e mezzi per asciugare sono a carico dei datore di lavoro. Fra i mezzi per asciugare deve essere compreso anche un asciugacapelli.

Le acque di scarico delle docce devono essere convenientemente filtrate prima di essere scaricate.

c) La chiusa d'aria

La chiusa d'aria deve essere costruita tra il locale doccia e il locale spogliatoio incontaminato. La chiusa d'aria consiste in uno spazio largo circa 1.5 m con due accessi. Uno degli accessi dovrà rimanere sempre chiuso per ottenere ciò è opportuno che gli operai attraversino la chiusa d'aria una alla volta.

d) Locale incontaminato

Questa zona avrà un accesso dall'esterno (aree incontaminate) ed una uscita attraverso la chiusa d'aria. Il locale dovrà essere munito di armadietti per consentire agli operai di riporre gli abiti dall'esterno. Questa area servirà anche come magazzino per l'equipaggiamento pulito.

- Il locale doccia e il locale incontaminato, nei luoghi all'aperto o in aree dismesse dovranno essere convenientemente riscaldati nella stagione invernale.

- In caso di estesi interventi dove è necessaria la presenza di un numero di operatori considerevole, è preferibile utilizzare U.D. con doppio percorso. Dall'esterno locale incontaminato, chiusa d'aria, locale equipaggiamento. Dall'area specializzata locale equipaggiamento, doccia, chiusa d'aria, spogliatoio incontaminato. In questo modo si eviteranno intralci tra il personale in entrata e in uscita

4 - Protezione dei lavoratori

Prima dell'inizio dei lavori, gli operai devono essere istruiti ed informati sulle tecniche di rimozione dell'amianto, addestrati all'utilizzo dei DPI, all'applicazione delle procedure per la rimozione, la decontaminazione e la pulizia del luogo di lavoro.

- In allegato al piano dei lavori dovranno essere presentati gli attestati di partecipazione ai corsi da parte dei lavoratori. Inoltre dovranno essere indicati anche i contenuti di tali corsi.

Gli operai devono essere equipaggiati con adatti dispositivi di protezione individuale delle vie respiratorie, devono essere inoltre dotati dì un sufficiente numero di indumenti protettivi completi, questi indumenti saranno costituiti da tuta a copricapo. Gli indumenti a perdere e le coperture per i piedi devono essere lasciati nella stanza dell'equipaggiamento contaminato sino al termine dei lavori di bonifica e a quel punto dovranno essere immagazzinati con gli scarti dell'amianto. Tutte le volte che si lascia la zona di lavoro è necessario sostituire gli indumenti protettivi con altri incontaminati.

E' necessario che gli indumenti protettivi siano

- di carta o tela plastificata a perdere. In tale caso sono da trattare come rifiuti inquinanti e quindi da smaltire come materiale di risulta provenienti dalle operazioni di bonifica;

- sono da vietare tute in cotone da inviare al lavaggio;

- sotto la tuta l'abbigliamento deve essere ridotto al minimo (in costume da bagno o biancheria a perdere).

Elencare ed affiggere, nel locale dell'equipaggiamento, le procedure di lavoro e di decontaminazione che dovranno essere seguite dagli operai.

E' da scoraggiare il riutilizzo del materiale a perdere, anche se questo. non esce dall'area.

 

PROCEDURE DI ACCESSO ALL'AREA DI LAVORO

- Accesso alla zona

Ciascuno operaio dovrà togliere gli indumenti nel locale spogliatoio incontaminato ed indossare un respiratore dotato di filtri efficienti ed indumenti protettivi, prima di accedere alla zona di equipaggiamento ed accesso all'area di lavoro.

Gli indumenti dovranno essere indossati facendo attenzione a non lasciare alcuna apertura. A tale scopo i guanti e copri scarpe dovranno essere affrancati con nastro adesivo rispettivamente alla manica e al pantalone della tuta. Per garantire la massima efficienza delle maschere è opportuno che gli operai siano sbarbati, il cappuccio della tuta deve essere posizionato solo dopo aver indossato la maschera.

- Uscita dalla zona di lavoro

Ciascuno operaio dovrà, ogni volta che lascia la zona di lavoro, togliere la contaminazione più evidente dagli indumenti mediante un aspiratore; proseguire verso la zona dell'equipaggiamento e procedere nel modo seguente

- togliere tutti gli indumenti eccetto il respiratore;

- sempre indossando il respiratore e nudi, entrare nel locale doccia, pulire l'esterno del respiratore con acqua e sapone; togliere i filtri, sciacquarli e riporli nel contenitore predisposto per tale uso;

- lavare ed asciugare l'interno del respiratore.

Dopo aver fatto la doccia ed essersi asciugato, l'operatore proseguirà verso il locale spogliatoio dove indosserà gli abiti per l'esterno alla fine della giornata di lavoro, oppure tute pulite prima di mangiare, fumare, bere o rientrare ne a zona di lavoro.

I copriscarpe contaminati devono essere lasciati nel locale equipaggiamento quando non vengono usati nell'area di lavoro. Al termine del lavoro di rimozione trattarli come scarti contaminati oppure pulirli a fondo, sia all'interno che all'esterno usando acqua e sapone, prima di spostarli dalla zona di lavoro o dalla zona di equipaggiamento.

- Il locale spogliatoio, se non direttamente collegato al tunnel, deve essere molto vicino allo stesso e ben riscaldato nella stagione invernale.

E' consigliabile comunque l'uso di copriscarpe a perdere;

Gli operai non devono mangiare, bere, fumare sul luogo di lavoro, fatta eccezione per l'apposito locale incontaminato

5 - Tecniche di rimozione

- Nei casi in cui non è possibile comunque garantire l'imbibimento del manufatto anche attraverso i fori praticati, man mano si procede con la rimozione, occorre praticare continua nebulizzazione.

- E’ opportuno prescrivere dei monitoraggi interni all'area di lavoro, con campionatori personali o ambientali e successiva analisi in M.O.C.F., al fine di valutare se la concentrazione delle fibre rimane costantemente bassa durante la lavorazione fatta costantemente ad umido.

-Al fine di allontanare immediatamente l'amianto rimosso, è possibile regolare l'orientamento dei tubi di prolunga degli estrattori, avendo cura di mantenerli sempre a valle dei punto di lavoro

-Nel caso di rimozione di amianto friabile in solette costituite da mattoni forati (pignatte) è necessario procedere ad una pulizia più fine mediante scovolini o altri attrezzi che possano rimuovere il floccato dalle fessure. Si allontaneranno i residui mediante aspirazione. In alcuni casi è addirittura necessario rompere parzialmente i mattoni forati (es. presso zone che presentano fughe piuttosto larghe), poiché possono contenere quantità notevoli di amianto floccato.

6 - Modalità di allontanamento dei rifiuti dall'area di lavoro

La presenza di due squadre, è necessaria per impedire che i lavoratori provenienti dall'area di lavoro escano all'esterno indossando indumenti contaminati, provocando

inevitabile dispersione di fibre. Nessun operatore così un deve mai utilizzare questo percorso per entrare o uscire dall'area di lavoro.

- Per avere garanzie sufficienti affinché cio' non accada, possono essere prescritte particolari adeguamenti alla U.D.

1. L'apertura fra l'area di lavaggio sacchi e la zona per il secondo insaccamento può essere di dimensioni ridotte, posta a livello della pavimentazione o a finestra in modo da rendere agevole solo il passaggio del sacco, ma non dell'operatore.

2. Il passaggio del primo sacco avviene sott'acqua . Una vasca piena d'acqua viene posta fra la zona di lavaggio e quella per il secondo insaccamento; la parete di separazione (telo in polietilene) è tagliata appena sotto la superficie dell'acqua, il primo sacco viene immerso nel liquido e spinto sotto il telo per essere poi estratto dalla seconda squadra nel locale esterno.

Si ritiene che l'uscita dei sacchi debba essere effettuata in unica fase, al termine delle operazioni di rimozione o del turno o della giornata lavorativa. Fino a quel momento, il percorso deve rimanere sigillato. Qualora si dovesse procedere ad uno stoccaggio provvisorio dei sacchi, si prescrive di collocarli in big bag o in cointainers chiusi all'esterno dell'area di lavoro.

7 - Tecniche di incapsulamento

- Esistono ormai in commercio diversi prodotti dalle caratteristiche più disparate, verificare sempre che tra la documentazione allegata al P.L. sia presente la scheda tecnica del prodotto o dei prodotti incapsulanti che l'impresa intende utilizzare. Normalmente le case produttrici indicano le caratteristiche tecniche del prodotto (durata, spessore, peso specifico, resistenza agli agenti atmosferici e non) e il ciclo di applicazione comprensivo di eventuali trattamenti preliminari delle superfici (lavaggi, spazzolature, etc.)

Preliminarmente la superficie del rivestimento in amianto deve essere aspirata;

- Con l'adozione di aspiratori dotati di filtri assoluti e tutte le misure previste per la protezione dei lavoratori.

8 - Decontaminazione del cantiere

E' consigliabile accertare l'agibilità della zona entro 48 ore successive al termine dei lavoro, se l'incapsulante è perfettamente asciutto, mediante

- Ispezione visuale dell'organo competente (ASL)

- Campionamenti dell'aria, secondo quanto indicato nel d.m. 6 settembre 1994.

- L'effettuazione di tali campionamenti nelle 24 ore successive al termine dei lavori può comportare l'invalidazione dei prelievi.

9 - Monitoraggio ambientale

Durante l'intervento di bonifica dovrà essere garantito a carico del committente dei lavori un monitoraggio ambientale delle fibre di amianto delle aree incontaminate. Il monitoraggio dovrà essere eseguito quotidianamente dall'inizio delle operazioni di disturbo dell'amianto fino alla pulizia finale. Devono essere controllate in particolare

- le zone incontaminate in prossimita' delle barriere di confinamento; .

- le uscite del tunnel di decontaminazione o il locale incontaminato dello spogliatoio

Campionamenti sporadici vanno effettuati all 1 uscita degli estrattori, all'interno dell'area di lavoro e durante la movimentazione dei rifiuti.

Si consiglia a seconda della situazione di prescrivere i seguenti campionamenti in MOCF

1. Un campionamento giornaliero presso lo spogliatoio non contaminato;

2. Un campionamento giornaliero in prossimità dell'area (all'esterno) quando il cantiere è ubicato in ambiente confinato;

3. Un campionamento giornaliero in area di lavoro durante le fasi di scoibentazione;

4. Un campionamento presso l'uscita del tunnel di decontaminazione ogni qualvolta vengono allontanati i rifiuti;

5. Un campionamento giornaliero presso le bocche di uscita degli estrattori;

6. Un campionamento al termine dei lavori di pulizia finale;

- I campionamenti devono essere effettuati da personale appositamente formato/addestrato.

Su registro di cantiere saranno annotati i campionamenti eseguiti, la posizione degli stessi e il nominativo della persona incaricata dell'operazione.

I risultati devono essere noti in tempo reale, o al massimo entro le 24 ore successive. Per questo tipo di monitoraggio si adotteranno tecniche analitiche in MOCE

Sono previste due soglie di allarme

1. Preallanne

- Si verifica ogni qualvolta i risultati dei monitoraggi effettuati all'esterno dell'area di lavoro mostrano un aumento costante delle concentrazioni di fibre aerodisperse;

2. Allarme

- Si verifica quando la concentrazione di fibre aerodisperse supera il valore di 50ff/l.

- le procedure adottate nei casi di emergenza devono essere annotate nel registro di cantiere;

2.7.2 Tubazioni e tecniche di glove-bag

Tecniche di glove-bag

Nel caso di limitati interventi su tubazioni, valvole, flange rivestite in amianto per la rimozione di piccole superfici coibentate è utilizzabile la tecnica del glove-bag.

Questa tecnica è delicata e pericolosa per

- la discreta probabilità che la cella di PE si rompa;

- la scarsa manualità degli operatori;

- il verificarsi di situazioni pericolose durante la loro installazione e rimozione;

pertanto, non deve essere consentita per tratti estesi di tubazioni perché comporterebbe l'effettuazione di decine di "piccoli interventi", che aumentano le probabilità di accadimento del rischio.

Prima di installare i glove-bag, si dovrà procedere ad accurata pulizia dei manufatti da scoibentare, mediante aspiratori portatili;

Nell'immediata vicinanza del glove-bag dovranno essere presenti

- attrezzature supplementari da utilizzare in caso di emergenza (rottura delle celle, fuoriuscita anomala dì materiale e conseguente rilascio di fibre);

- maschere in numero sufficiente per tutti gli operatori che svolgono attività di supporto nello stesso ambiente;

- aspirazione portatile con filtro ad alta efficienza;

- attrezzatura per la nebulizzazione di liquidi incapsulanti.

Se il coibente risulta essere molto degradato (al primo contatto si sbriciola), il glove-bag non può essere utilizzato.

Si dovrà prescrivere la bonifica mediante rimozione in area confinata.

Nel caso di tubazioni aeree, ove risulti molto difficile se non impossibile la realizzazione di confinamenti statici e dinamici, si potranno attuare le seguenti procedure

- imbracatura delle tubazioni con speciali "barelle";

- incapsulamento o imbibimento in eccesso;

- sezionamento e invio presso l'area di bonifica specializzata;

2.8 - Criteri per la certificazione della restituibiltà di ambienti bonificati

a) Criteri guida generali

Le operazioni di certificazione di restituibilità di ambienti bonificati dall'amianto, effettuate per assicurare che le aree interessate possono essere rioccupate con sicurezza, dovranno essere eseguite da funzionari della ASL competente. Le spese relative al sopralluogo ispettivo ed alla determinazione della concentrazione di fibre aerodisperse sono a carico del committente i lavori di bonifica.

- In questo caso la norma non dà spazio ad equivoci, le operazioni di certificazione devono essere svolte dai funzionari della ASL competente. Con l'impresa esecutrice dei lavori saranno presi accordi per il sopralluogo, solo dopo che la stessa ha comunicato i risultati dei monitoraggi finali (MOCF).

I principali criteri da seguire durante la certificazione sono

- assenza di residui di materiali contenenti amianto entro l'area bonificata,

- assenza effettiva di fibre di amianto nell'atmosfera interna all'area bonificata.

Per la verifica di questi criteri occorre seguire una procedura che comporta l'ispezione visuale preventiva

- Questa operazione è delicatissima, piccolissime quantità di amianto non individuate possono inquinare l'aria (con il campionamento aggressivo) tanto da superare il valore limite di riferimento. Per "scovare" eventuali residui è possibile ricorrere a semplici accorgimenti come spolverare le superfici con tovaglioli di cellulosa o con nastro adesivo (bianchi). Porre particolare attenzione, in presenza di tubazioni, travi metalliche e alle fughe delle solette. Nel caso di mattoni forati a vista verificare accuratamente che nelle intercapedini interne vi sia assenza di amianto.

- Al termine dell'ispezione è altresì opportuno, verificare l'assoluta assenza di amianto nell'intercapedine tra le pareti e i teli di confinamento, poiché questi potrebbero essersi staccati durante i lavori di bonifica e nuovamente, sigillati senza la verifica di un'eventuale contaminazione.

Il campionamento aggressivo può essere effettuato solo se l'incapsulante è perfettamente asciutto, è pertanto consigliabile programmare i monitoraggi almeno 24 ore dopo l'ispezione visuale e dopo l'ultimo incapsulante per evitare di invalidare le misure relative ai prelievi ambientali.

- Nel caso di scoibentazioni effettuate in più porzioni, mediante la creazione di aree di bonifica indipendenti, è necessario per ognuna di esse prevedere una distinta procedura di restituzione.

La procedura di restituzione deve essere effettuata anche nel caso di scoibentazione con tecnica di glove-bag.

b) Criteri per la certificazione della restituibilitá

I locali dovranno essere riconsegnati a conclusione dei lavori di bonifica con certificazioni finali attestanti che

- Sono state eseguite nei locali bonificati, valutazioni della concentrazione di fibre di amianto aerodisperse mediante l'uso della microscopia elettronica in scansione;

- E' presente, nei locali stessi, una concentrazione media di fibre aerodisperse di fibre non superiore alle 2 ff/l.

La concentrazione media di fibre deve essere calcolata come media aritmetica delle concentrazioni determinate per ogni singolo campione, quando per le singole misure non è indicato l'errore; altrimenti la concentrazione media deve essere calcolata come media pesata sugli errori delle singole determinazioni

Cmedia = (SiCi/ei)/(Si 1/ei)

dove Ci è la concentrazione del i-esimo campione e ei è l'errore associato a Ci.

Ad esempio se

C1 = 1.8 ħ 0.2 ff/l,

C2 = 1.2 ħ 0.5 ff/l e

C3 = 1.9 ħ 0. 1 ff/l, allora

Cmedia = (1.8/0.2 + 1.2/05+ 19/0.1) / (1/0.2 + 1/0.5 + 1/0.1) = 1.8 ff/l,

mentre la media aritmetica semplice calcolata con i dati dell'esempio è

Cmedia = (1.8 + 1.2 + 1.9)/3 = 1.6 ff/l.

Se la bonifica ha riguardato un'unica area confinata di grandi dimensioni, per la quale sono stati eseguiti più monitoraggi di fibre di amianto aerodisperse, normalmente le differenze tra le concentrazioni misurate nei diversi punti sono al più circa uguali all'errore associato alle singole determinazioni. Pertanto, anche se la concentrazione media è inferiore a 2 ff/l, ma per uno o più punti la concentrazione è risultata superiore a 3 ff/l, l'area non è restituibile; si deve indagare sulle cause dell'anomalia e comunque procedere ad una nuova pulizia e/o ad una ulteriore dispersione di prodotti incapsulanti.

2.9 Coperture e prodotti in cemento-amianto

Per valutare se la tecnica di bonifica che si intende adottare è corretta, si rimanda al protocollo proposto dalla Regione (in allegato). Le Imprese che presentano il piano di lavoro all'Organo di Controllo motiveranno la scelta allegando il modulo debitamente compilato.

1 - Caratteristiche del cantiere

Le aree in cui avvengono le operazioni di bonifica devono

- essere delimitate e segnalate;

- dovranno essere disponibili locali per uso spogliatoio dotati di doccia ad uso esclusivo dei lavoratori addetti per lavori superiori ai 10 gg.

- si dovrà individuare apposita area per lo stoccaggio provvisorio delle lastre rimosse, dei materiali sostitutivi, per l'attrezzatura utilizzata e DPI;

- sigillare le prese d'aria dell'edificio che sfocino sui tetti e avere previste misure a protezione di terzi, nel caso che l'edificio sia occupato.

Tali misure possono essere variate di volta in volta a secondo di una specifica situazione

- l'accesso al tetto dell'edificio da parte degli addetti ai lavori deve avvenire dall'esterno.

2 - Misure di Sicurezza Antinfortunistica

Si dovranno realizzare idonee misure di prevenzione soprattutto durante la bonifica delle coperture per i rischi specifici dovuti a sfondamento delle lastre e alla caduta dall'alto.

3 - Procedure Operative

Prima di qualsiasi manipolazione o movimentazione si dovrà procedere ad una bagnatura con prodotti collanti o incapsulanti specifici.

La bagnatura dovrà essere effettuata mediante nebulizzazione a bassa pressione.

Nel caso di adozione della tecnica di incapsulamento, dovranno essere indicate nel piano di lavoro

- le sostanze utilizzate, che devono essere di tipo elastomerico;

- lo spessore del trattamento praticato (non deve essere inferiore a 300 µm);

- i dati tecnici rilasciati dal produttore relativi all'invecchiamento accelerato (durata del trattamento);

4 - Protezione dei lavoratori

I lavoratori devono essere dotati di

- maschera semifacciale in gomma con filtro tipo 3MP3;

- tuta integrale monouso;

- guanti;

- scarpe antinfortunistiche antisdrucciolo.

Al termine delle operazioni di bonifica, l'addetto prima di togliere la tuta deve effettuare una accurata aspirazione della stessa con apparecchiatura dotata di filtro assoluto. Durante la svestizione la tuta deve essere rivoltata.

1 lavoratori devono essere sottoposti a visita medica preventiva e periodica

5 - Protocollo Sanitario applicato e Informazione / Formazione / Addestramento del personale

Nel Piano di Lavoro si riporteranno

- i nominativi degli addetti;

- la documentazione comprovante l'idoneità specifica alla mansione rilasciata dal Medico Competente e Protocollo Sanitario applicato;

- il programma di formazione / addestramento effettuato dai datori di lavoro e dagli operatori che non può essere di durata inferiore alle trenta ore, così come previsto dall'allegato 3 dei "Piano Regionale di Protezione, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica dell'ambiente ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall'amianto".up.jpg (878 byte)

 

CAPITOLO 3 - I MATERIALI SOSTITUTIVI DELL'AMIANTO

 

3. PRODOTTI SOSTITUTIVI DELL'AMIANTO

 

3.1 Premessa

L'uso dei prodotti sostitutivi dell'amianto è iniziato da oltre un decennio contestualmente al diffondersi della coscienza dei rischi e dei danni per la salute derivanti dalla produzione e dall'uso di manufatti di amianto, di coibenti per l'industria e l'edilizia, per mezzi di trasporto.

Nei primi anni '80 è iniziata l'opera di deicoibentazione e sostituzione dell'amianto in carrozze ferroviarie, imbarcazioni, centrali tecniche e in alcuni impianti chimici.

A metà degli anni '80, dopo i primi provvedimenti legislativi regionali, è stata svolta una intensa azione per rimuovere l'amianto spruzzato come coibente nelle scuole, negli ospedali e successivamente in altri edifici pubblici.

Dopo la pubblicazione della legge 257/92 che vieta la produzione, l'utilizzo e la commercializzazione dei prodotti contenenti amianto ed i successivi decreti attuativi la sostituzione dell'amianto ha subito una più ampia diffusione e la necessità di trovare dei nuovi prodotti sostitutivi si è accentuata.

Tale processo ha comportato

- eliminazione progressiva delle esposizioni professionali tradizionali;

- nuova categoria di esposti, numericamente più ristretta e controllabile che è quella degli addetti alle decoibentazioni ed alla rimozione di materiale contenente amianto, degli addetti al trasporto e movimentazione dei rifiuti, degli addetti alle manutenzioni,

- lo studio degli effetti avversi legati all'uso dei prodotti sostitutivi.

Per semplicità questi ultimi si possono suddividere in materiali non fibrosi e materiali fibrosi.

3.2 Materiali non fibrosi

I materiali sostitutivi non fibrosi vengono utilizzati prevalentemente per le seguenti funzioni

coibenti termici ed acustici per l'edilizia vermiculite, gesso, perlite, argilla espansa clinkerizzata;

- coibenti termici di strutture metalliche vermiculite + leganti etc.;

- coibenti termici per forni silicato di calcio, materiali e leganti refrattari etc.;

- cariche inerti per materie plastiche talco, caolino, carbonato di calcio etc.

L'utilizzo di tali materiali può comportare esposizione a polveri che in gran parte può ricadere nella definizione di "inerti o fastidiose" per le quali è previsto un valore limite per gli ambienti di lavoro di 10 mg/m³ per la frazione inalabile. Per quanto riguarda il talco esente da fibre di amianto è previsto un limite di 2 mg/m³ per la frazione respirabile. In alcuni materiali refrattari la presenza di silice libera cristallina comporta limiti di 0.1 mg/m³ per il quarzo e 0,05 mg/m³ per tridinite e cristobalite.

Il rispetto di tali limiti è agevolmente raggiungibile con sistemi di aspirazione localizzata e ventilazione generale.

3.3 Materiali fibrosi

I prodotti sostitutivi di più lungo impiego sono le fibre minerali artificiali (Man Made Mineral Fibres (MMMF)) Lo schema di classificazione dell'OMS del 1988 viene di seguito riportato

Tipo di fibre Diametro nominale Metodo di produzione

(micron)

Filamento continuo 6 - 15 Trafilatura

Lame isolanti (vetro, 2 - 9 Centrifugazione

roccia, scoria)

Fibre refrattarie 1,2 - 3 Centrifugazione/soffiatura

(ceramiche ed altre) Soffiatura/filatura

Fibre speciali (mi- 0,1 - 3 Attenuazione di fiamma

crofibre di vetro)

Gli usi prevalenti sono

- coibenti termici ed acustici in edilizia lane isolanti

- coibenti termici per forni lane isolanti, fibre

- refrattarie coibenti termici per tubazioni lane isolanti tessitura filato di vetro

- carica inerte per materie plastiche filato di vetro filtri HEPA microfibre

La composizione 'chimica di alcuni prodotti ricorrenti può essere così schematizzata per confronto con l'amianto crisotilo

Componenti Fibra di Lana di Lana di Fibra Crisotilo %

vetro % vetro % roccia % ceramica %

SiO2 54,4 63,2 41,5 54,7 55,2

MgO 4,7 3,7 9,7 - 41,5

Fe2O3 0,5 0,5 8,1 1,5 3,0

Al203 14,1 4,9 14,3 43,5 -

CaO 17,4 10,1 21,2 0,4 0,2

Na2O 0,4 10,8 14,3

K2O - 2,1 2,7

B2O3 8,0 -

TiO2 0,5 - 1,9

Cominciano ad assumere maggior diffusione anche altri tipi di fibre

- fibre di carbonio

- poliaramidi (Nomex, Kevlar...)

- poliestere

- poliamidi

- fibridi poliolefinici

Le loro caratteristiche chimico fisiche, le modalità di rottura e di dispersione sono analoghi alle precedenti, i diametri sono generalmente di dimensione "non respirabile".

3.4 Fattori che influenzano i potenziali effetti biologici sull'apparato respiratorio

La dispersione e la persistenza delle fibre in aria dipende da alcuni fattori

- dalle caratteristiche chimico-fisiche e strutturali che comportano a differenza di tutti gli amianti, una rottura perpendicolare alla lunghezza della fibra per la sollecitazione meccanica si formano spezzoni di fibre di uguale diametro;

- dal comportamento aerodinamico delle fibre che è legato in modo prevalente al diametro aerodinamico e indirettamente a quello geometrico, in misura minore alla lunghezza ed alla densità;

- dalle modalità di generazione in funzione del tipo di lavorazione;

- dai sistemi di aspirazione localizzata e la ventilazione generale del reparto

Per le fibre di maggior diametro aerodinamico (e geometrico) come ad esempio quelle derivanti dal filamento continuo hanno una persistenza più elevata e paragonabile come ordine di grandezza a quella degli amianti.

La persistenza in aria, la respirabilità ed i tempi di esposizione sono i fattori che influenzano la possibile deposizione nell'albero respiratorio, la composizione chimica e la biopersistenza in vivo sono i fattori che possono indurre danno.

L'OMS ha definito respirabili fibre con

Lunghezza > 5 µm

Diametro < 3 µm

Rapporto Lunghezza

--------- > 3

Diamentro

fibre con diamentro aerodinamico inferiore a 3 µm vengono considerate respirabili anche se presentano lunghezza di 100 - 200 µm.

3.5 Campionamento ed analisi delle MMMF

Il campionamento delle fibre minerali artificiali in sospensione nell'aria è del tutto analogo a quello utilizzato per l'amianto così come la diafanizzazione della membrana e la lettura al microscopio ottico in contrasto di fase.

La metodica di riferimento è tuttora quella stabilita dall'OMS nel 1985 a Copenhagen.

Per quanto riguarda i valori limite per gli ambienti di lavoro sono stati adottati o proposti

- 1 F/cm³ da Inghilterra e Svezia dall'OSHA (USA)

- 0,5 F/cm³ dall'Australia

- 0,2 F/cm³ dal NIOSH (USA)

Valori riscontrati

Concentrazioni atmosferiche tipiche riscontrate in ambienti di lavoro che ricorrono in pubblicazioni anche recenti possono esser così esemplificate

Tipo di fibre Impianti di produzione Reperti di utilizzo

F/L F/L

Filamento

continuo di < 10- 40 < 10- 90

vetro

Lane isolanti 20- 780 20-1000

Fibre ceramiche 20-1270 100-3400

Microfibre di

vetro 800-3700 600-7600

la percentuale di fibre respirabili nel caso dei filamento continuo di vetro è praticamente trascurabile e cresce decisamente fino ad avvicinarsi al 100% nel caso di microfibre di vetro.

Le concentrazioni atmosferiche di fibre minerali artificiali riscontrate in edifici, scuole e uffici risultano mediamente sempre inferiori a 1 F/L con intervalli in cui il limite superiore è di qualche F/L dove si riscontra maggiore usura del materiale isolante.

Sono disponibili pochi dati sulle concentrazioni atmosferiche in aree urbane.

3.6 Persistenza biologica e possibilità di danno

Le fibre minerali artificiali sono dotate di maggior bioreattività rispetto agli amianti, una volta depositate nell'apparato respiratorio.

La solubilità appare maggiore quanto è maggiore il contenuto di alcuni elementi alcalini ed alcalini + ferrosi.

In ordine decrescente può essere così rappresentato

fibre di vetro > lana di roccia-scoria > fibre ceramiche > crisotilo > anfiboli.

- Le caratteristiche di persistenza biologica e dimensionali delle fibre sono verosimilmente i parametri che più influenzano la genesi di fibrosi e tumori. Lunghezze superiori a 8 µm e diametri inferiori a 1 µm sono le dimensioni critiche delle fibre biologicamente più attive.

- Le fibre di vetro a filamento continuo così come tutte le fibre vetrose con diametro superiori al respirabile non possono essere classificate come cancerogene;

- Le fibre vetrose con elevato tenore di ossidi alcalini sono meno pericolose delle fibre ceramiche;

- Le fibre ceramiche fini dovrebbero essere classificate nella categoria 2 delle sostanze cancerogene per l'uomo (classificazione IARC vedi anche Circolare ministeriale del 25 Novembre 1994 n. 23)

Bibliografia

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CAPITOLO 4 - METODI ANALITICI PER LA DETERMINAZIONE QUALI-QUANTITATIVA DELL'AMIANTO

4. METODI ANALITICI PER LA DETERMINAZIONE QUALI-QUANTITATIVA DELL'AMIANTO

4.1 Introduzione

Per conoscere il livello di concentrazione ambientale di fibre di amianto presenti nell'atmosfera degli ambienti confinati e non, si utilizzano le tecniche analitiche di microscopia ottica o elettronica, capaci ambedue di fornire risultati in termini di numero di fibre, aventi determinate dimensioni, per unità di volume d'aria.

I metodi di misura basati su queste tecniche analitiche comportano una fase di campionamento consistente nell'aspirazione mediante pompe di un volume noto di aria, attraverso un supporto filtrante di raccolta per le particelle aerodisperse. Su tale supporto (o porzioni di esso) opportunamente preparato viene poi determinato il numero di particelle fibrose aventi determinate caratteristiche dimensionali, riferito al volume totale di aria prelevato.

La microscopia ottica è senz'altro la tecnica più diffusa presso i laboratori di analisi in quanto i costi di investimento e di gestione necessari rispetto alla microscopia elettronica sono molto più contenuti, inoltre l'analisi in microscopia ottica è più rapida. Tuttavia questo metodo risulta soggetto ad alcune importanti limitazioni. In particolare anche un microscopista esperto, sebbene in grado di riconoscere con sufficiente certezza alcuni tipi di fibre (esempio vegetali o vetrose artificiali), non sempre riesce a distingue

re fra loro i diversi tipi di amianto e talvolta anche l'amianto da fibre di altra natura.

Un altro limite importante della microscopia ottica è l’impossibilità di rilevare le fibre con diametro inferiore a 0.15 - 0.1 µm. Anche queste ultime particelle, che non di rado capita di osservare, sono da considerarsi pericolose in quanto respirabili.

Le limitazioni della microscopia ottica sono spesso superate dalla microscopia elettronica. L per questo motivo che nel d.m. 6 settembre 1994 si indica la microscopia ottica in contrasto di fase per il monitoraggio ambientale durante le operazioni di bonifica, mentre viene richiesta l'analisi in microscopia elettronica a scansione per la restituibilità dei locali dopo bonifica.

4.2 La microscopia ottica

Un tipico microscopio ottico da laboratorio permette diversi modi di osservazione del campione (campo chiaro, campo scuro, contrasto di fase, ecc.).

La normale osservazione di un oggetto avviene in campo chiaro; per alcuni oggetti è più conveniente l'osservazione con gli altri metodi per meglio evidenziarne i particolari di interesse. Nel caso dell'individuazione di fibre il metodo previsto dalla attuale normativa (d.m. 6 settembre 1994) è il contrasto di fase.

4.2 a) Principio generale di funzionamento

1 campioni da osservare al microscopio ottico devono essere trasparenti, piani e opportunamente preparati su un vetrino detto portaoggetti. Il preparato è coperto da un vetrino più sottile denominato coprioggetto.

li sistema di ingrandimento del microscopio consiste in una lente o sistema di lenti convergenti (obiettivo), che proietta il immagine ingrandita dei campione sul piano locale di un'altra lente o sistema di lenti (oculare). L'oculare provvede ad ingrandire ulteriormente l'immagine e a permetterne la visione (fig. 1).

Sul microscopio possono essere impiegati diversi obiettivi, montati su una torretta girevole, con diversi ingrandimenti. 11 valore dell'ingrandi mento di ciascun obiettivo è inciso sulla sua montatura insieme ad altre importanti indicazioni, come nell'esempio

PLAN 40/0.65

160/0.17

Questa scritta indica che l'obiettivo fornisce un'immagine piana del campione, (PLAN), che ha un potere di ingrandimento di 40X, che ha una apertura numeri di 0.65, che è calcolato per un tubo porta ottica di 160 mm, che il campione deve avere un vetrino coprioggetto di 0.17 mm di spessore.

L'apertura numerica è un parametro che indica la qualità ottica dell'obiettivo più è elevato il suo valore, maggiore sarà il potere risolutivo del microscopio é quindi più definita la visione dell'immagine; il valore massimo in aria dell'apertura numerica è 0.95.

Anche sull'oculare è inciso il potere di ingrandimento.

L'ingrandimento finale dei microscopio è ottenuto moltiplicando l'ingrandimento dei obiettivo per quello dell'oculare.

La superficie dell'oggetto di volta in volta sotto osservazione è chiamata campo.

L'oggetto da osservare è posto su un tavolino che ne consente il movimento così da poter cambiare ed esaminare diversi campi.

Nei microscopi moderni al tavolino è collegato il gruppo condensatore.

Il condensatore è un sistema di lenti con la funzione di condensare nell'obiettivo il fascio luminoso che attraversa il campione. Dispone di un diaframma ad iride (diaframma di apertura) per poter regolare l'ampiezza del cono di luce che entra nell'obiettivo. Anche la regolazione dell'altezza e della centratura del condensatore sull'asse dell'obiettivo sono importanti per ottenere immagini nitide.

Al di sotto del condensatore è posto il sistema di illuminazione secondo Kohler; il sistema è dotato di un diaframma (diaframma di campo) per mezzo del quale l'immagine del filamento della lampadina è proiettata sul piano del diaframma di apertura.

Sul sistema di illuminazione possono essere introdotti dei filtri per restringere l'intervallo di lunghezze d'onda della luce che attraverserà il campione.

Le varie parti del microscopio sono montate su un basamento e un braccio che costituiscono lo stativo. Sullo stativo sono posti quindi i delicati. meccanismi di regolazione e spostamento delle varie parti del microscopio e in particolare le viti macrometrica e micrometrica che permettono di collocare l'oggetto sul piano focale dell'obiettivo (messa a fuoco dell'immagine).

4.2 b) Il campo chiaro

La formazione dell'immagine in campo chiaro avviene facendo passare la luce nel condensatore senza interporre ostacoli lungo la traiettoria del fascio luminoso. Sono così visibili gli oggetti che sono in grado di proiettare una immagine di luminosità differente da quella dello sfondo. Tali oggetti vengono chiamati anche "oggetti di ampiezza". Si

rimanda alla Teoria di Abbe per la descrizione del fenomeno sotto l'aspetto dell'ottica ondulatoria. Non tutti gli oggetti sono visibili in campo chiaro.

4.2 c) Il campo scuro

La microscopia ottica in campo scuro consente di rivelare la presenza, ma non la struttura, di oggetti non ben visibili in campo chiaro. Per la formazione dell'immagine in campo scuro si utilizza o un condensatore a specchio o una opportuna fenditura anulare in modo che sul campione arrivi luce con direzione non parallela all'asse ottico del microscopio. In questo modo il fondo del campo è scuro (non c'è luce diretta) ma sono luminosi quegli oggetti che hanno difratto luce verso l'obiettivo. L'immagine di un oggetto non è però fedele in quanto le sue strutture interne sono distorte.

4.2 d) Il contrasto di fase

La microscopia ottica in contrasto di fase (MOCF) è utile per osservare oggetti molto sottili e trasparenti, come spesso accade per le fibre di amianto, che non sempre sono facilmente individuabili in campo chiaro o in campo scuro. L'informazione della loro presenza è sì contenuta nell'onda luminosa che ha attraversato il preparato, ma è contenuta nella fase dell'onda e non nella sua ampiezza come accade per gli oggetti visibili in campo chiaro. Per questo motivo gli oggetti osservabili in contrasto di fase sono detti anche "oggetti di fase".

Nella visione in contrasto. di fase si introduce prima del condensatore un adatto diaframma anulare opaco che trasforma il fascio luminoso in un cono cavo di luce, mentre nel piano locale posteriore dell'obiettivo è posta una lamina anulare (anello di fase) che modifica la fase delle onde luminose dirette.

L'effetto ultimo è la trasformazione degli "oggetti di fase" in "oggetti di ampiezza" che diventano così visibili.

Per la trattazione fisica del principio del contrasto si rinvia alla già citata Teoria di Abbe e ai lavori di Fritz Zernike, premio Nobel per la fisica nel 1953.

In realtà l'anello di fase è sempre presente nell'obiettivo e non disturba le visioni in campo chiaro e in campo scuro. Per predisporre il microscopio in contrasto di fase in pratica è sufficiente inserire sotto il condensatore il relativo diaframma anulare idoneo per l'obiettivo in uso.

4.2 e) Il prelievo del campione

La metodica di prelievo per campioni da analizzare in MOCF è quella richiesta e descritta nel d.m. 6 settembre 1994 e riprende fedelmente il metodo di riferimento dell'A.I.A. per la determinazione di fibre di amianto sospese nell'aria sui luoghi di lavoro (RTMI).

Si ritengono opportune però alcune considerazioni. Il volume di prelievo minimo richiesto è di 4801 per un filtro di 25 mm di diametro e una densità ottimale di fibre vicina a 20 ff/mm². In ogni caso l'obbiettivo di un buon campionamento non è limitato semplicemente al raggiungimento di un determinato volume o di una data densità di fibre su filtro, ma consiste nell'ottenimento di un campione di buona leggibilità, per il quale le fibre non siano coperte o sovrapposte ad altre particelle, così da essere individuate chiaramente e correttamente conteggiate. In alcune situazioni lavorative, in particolare durante le fasi di scoibentazione di materiali friabili, si ha una notevole dispersione di particelle di polvere in aria e non necessariamente solo di amianto. In tali casi il volume minimo indicato può essere eccessivo poiché si può avere un sovraccarico di particelle su filtro che rende difficoltoso l'individuazione delle fibre e quindi incerto e il loro conteggio. In tali casi il decreto suggerisce la possibilità di effettuare due campionamenti paralleli di 240 1.

Viceversa, in ambienti meno polverosi, come ad esempio in ambienti esterni o in un tipico cantiere confinato al termine della bonifica prima dei controlli per la restituibilità, il volume di prelievo può superare 1000 l e raggiungere talvolta anche 2000 l. Se si tratta di prelievi in cantieri di bonifica al termine dei lavori, è tuttavia necessario attendere che l'incapsulante disperso nell'aria si sia depositato completamente, coi fine di evitare, come talvolta accade per l'eccessiva fretta, che le sue goccioline non vadano a coprire il filtro e le eventuali fibre su esso rendendo illeggibile il campione.

In definitiva le modalità di campionamento devono essere valutate sul campo da un operatore istruito ed esperto e le condizioni ottimali messe a punto dopo le analisi di una prima serie di campioni.

Pertanto è auspicabile che chi si occupa del prelievo conosca e tenga in considerazione anche le problematiche del metodo di analisi.

4.2 f) La preparazione del campione

La preparazione di un filtro per la determinazione di fibre aerodisperse consiste nel fissare il filtro sul vetrino portaoggetti e renderlo trasparente (diafanizzazione). La normativa indica il metodo acetone - triacetina ben descritto nel già citato RTM1 dell'A.I.A.. In pratica il filtro, appoggiato sul vetrino portaoggetti, viene sottoposto ad un flusso di vapori di acetone prodotto da una apparecchiatura di laboratorio come quella descritta in figura 2. 1 particolari quotati nell'immagine sono importanti in quanto collaudati per ottenere un getto di vapori ottimale per la fase più importante e delicata della preparazione che è l'esposizione dei filtro ai vapori di acetone. Questa deve essere uniforme e

veloce per evitare la formazione di pieghe sulla membrana e l'incompleta diafanizzazione per scarso flusso o la distruzione del filtro per formazione di condensa. Il filtro diafanizzato deve essere il più piano possibile affinché sia possibile mettere a fuoco e leggere chiaramente il campione.

Fissando il vetrino coprioggetto sul filtro con qualche goccia di triacetina, un campione ben preparato può essere conservato per lungo tempo (anche qualche anno).

Ovviamente il laboratorio e le apparecchiature utilizzate nella preparazione dei campione non solo non devono essere contaminate da amianto, ma devono essere mantenute sempre ben puliti.

La determinazione numerica delle fibre di amianto presenti su filtro viene fatta utilizzando il microscopio in contrasto di fase, con un ingrandimento di 500X, con un oculare dotato del reticolo di Walton-Beckett (fig. 3). Il reticolo circolare delimita il campo di campo di osservazione ad un cerchio di diametro, a 500X, di circa 100 µm ovvero ad un area di campo di 0.00785 mm². Sul reticolo vi sono diversi riferimenti per la stima delle dimensioni delle particelle fibrose.

il microscopio deve essere, ovviamente, sempre mantenuto in ottime condizioni le quali possono essere verificate tramite appositi vetrini di prova di vario tipo; per esempio, quelli HSE/NPL per la microscopia a contrasto di fase sono costituiti da sette blocchi di linee parallele di spessore decrescente. Un microscopio in condizioni; soddisfacenti deve consentire la rilevazione fino al quinto blocco di linee.

Anche i criteri, le modalità di conteggio e la discussione della variabilità della metodica sono riportati nel d.m. 6 settembre 1994. Altri utili dettagli sui criteri di conteggio sono ben descritti nel metodo di riferimento A.I.A. RTMI più volte citato e al quale si rimanda. Qui si discutono quindi solo alcuni aspetti non evidenziati nei documenti precedenti.

L'individuazione e il conteggio delle fibre avviene completamente ad opera dell'analista. Considerando che il metodo, come indicato nel d.m., è già soggetto ad una variabilità statistica intrinseca, è necessario che l'analista limiti il più possibile la propria soggettività nella scelta dei campi da osservare. La scansione sul vetrino deve essere effettuata lungo un percorso predeterminato che ne consenta l'ispezione completa, ma i singoli campi nel reticolo devono essere assolutamente casuali. Poiché l'area nel reticolo di Walton-Beckett è un parte 1 imitata della porzione di filtro di volta in volta in osservazione, particolari interessanti possono essere visibili anche al di fuori dell'area del reticolo. L'analista non deve farsi influenzare da questi e deve considerare solamente l'area del reticolo determinata casualmente. Un campo viene escluso (e non conteggiato) solo se più di un ottavo di esso è coperto da un agglomerato di fibre o particelle.

Ai fini di una corretta analisi l'analista deve conservare sempre intatte le proprie capacità visive e di concentrazione, intervallando i tempi di lettura con adeguati periodi di recupero, altrimenti i risultati saranno inevitabilmente influenzati dalla soggettività dell'operatore.

La continua pratica di laboratorio può consentire di distinguere in alcuni casi particelle fibrose di amianto da quelle di altra natura; ciò però non è sempre possibile con certezza e con criteri oggettivi. Quindi, ai fini della confrontabilita' dei dati da parte di operatori diversi è necessario che siano contate tutte le particelle fibrose rispondenti ai criteri dimensionali e di forma del d.m... Nel caso sia importante distinguere tra fibre di amianto e fibre di altra natura è consigliabile ricorrere ad altri metodi analitici.

4.3 Il microscopio elettronico a scansione e le sue principali applicazione nel campo dell'amianto

Il microscopio elettronico a scansione (SEM) è uno strumento che permette di osservare la morfologia di oggetti con ingrandimenti superiori a quelli consentiti dai microscopi ottici. Inoltre sfruttando le diverse lacerazioni tra elettroni e campione in analisi, è possibile ottenere informazioni qualitative e quantitative sulla composizione elementare.

Il principio di funzionamento di un comune microscopio a scansione è illustrato in figura 4.

Un fascio di elettroni viene emesso da una sorgente che, nei casi più comuni, è costituita da un filamento di tungsteno riscaldato. Il filamento è all'interno di una coppa cilindrica forata al centro della base inferiore (coppa di Wehnelt). La coppa è posta ad un potenziale negativo così che il fascio di elettroni uscente è parzialmente localizzato in un punto (punto di cross-over); la più piccola sezione del fascio all'uscita del catodo ha un diametro dell'ordine di 10 - 50 µm. Il fascio di elettroni viene poi accelerato da un campo elettrico generato da una differenza di potenziale tra 3 e 30 kV.

Una successiva serie di lenti elettromagnetiche provvede a demagnificare il fascio formando un sottile pennello elettronico (sonda o "probe") del diametro di 1 - 10 nm e con una corrente di 10-10 - 10-12A che andrà ad incidere sul campione. Una serie di bobine (bobine di scansione) provvede poi a muovere il sottile pennello elettronico sul campione in sincronia con il fascio elettronico del monitor video del microscopio.

Tutto il sistema deve essere mantenuto sotto vuoto altrimenti gli elettroni del fascio urterebbero con le molecole dell'aria presente e il fascio non sarebbe più collimato.

Il fascio sonda interagisce in diversi modi col campione in un piccolo volume di esso intorno al punto di incidenza (fig. 5). Le interazioni più importanti sono l'emissione di elettroni secondari (SE), l'emissione di elettroni retrodiffusi (BSE) e l'emissione di raggi X caratteristici. Normalmente le immagini del campione vengono formate sfruttando i primi due fenomeni.

Gli elettroni secondari sono elettroni di bassa energia emessi dal campione in tutto il volume di interazione del fascio sonda. Avendo bassa energia gli elettroni secondari prodotti più internamente nel campione non possono sfuggire attraverso la superficie poiché vengono riassorbiti dal campione stesso. Gli elettroni secondari che escono dal campione sono pertanto solo quelli in prossimità della superficie nel punto di incidenza del fascio.

Un campo elettrico relativamente debole permette di guidare questi elettroni su un apposito rilevatore (uno scintillatore accoppiato ad un foto-tubo). Il segnale elettrico prodotto dal rilevatore è utilizzato per variare l'intensità luminosa del punto sul video corrispondente al punto del campione sul quale si trova la sonda in ogni istante.

Poiché l'informazione degli elettroni secondari dipende principalmente dalla superficie del campione, l'immagine che si forma sul video con questi elettroni corrisponde alla morfologia superficiale del campione osservato.

Gli elettroni retrodiffusi sono elettroni del fascio che nell'interazione col campione sono stati riflessi subendo solo una parziale perdita di energia. L'intensità del fenomeno dipende non solo dalla morfologia della superficie, ma anche dalla densità media del campione nel punto di interazione; la densità del campione spesso prevale sulla morfologia nel determinare il numero di elettroni retrodiffusi. Poiché gli elettroni BSE hanno una energia più elevata degli elettroni secondari, essi possono provenire anche da zone più profonde.

Il rilevatore per gli elettroni retrodiffusi, nelle applicazioni del SEM più comuni, è di forma anulare e posto sopra il campione. Come per gli elettroni secondari anche il segnale proveniente dal rilevatore per gli elettroni retrodiffusi viene utilizzato per modulare l'intensità del segnale sul video. L'immagine ottenuta con gli elettroni retrodiffusi dà quindi informazione non solo sulla morfologia del campione osservato, ma soprattutto sulla sua composizione.

Gli elettroni BSE hanno elevata energia e quindi non è possibile guidarli con un campo elettrico sul rilevatore poiché l'intensità del campo necessario disturberebbe eccessivamente il fascio sonda. Pertanto sul rilevatore. può arrivare solo quella frazione di elettroni BSE riflessi dal campione nella giusta direzione. Per questo motivo il segnale ottenuto con gli elettroni retrodiffusi è più debole di quello ottenuto con gli elettroni secondari e, in condizioni normali, l'immagine morfologica del campione è ottenuta con questi ultimi.

L'ingrandimento nel microscopio elettronico a scansione è determinato semplicemente dal rapporto tra le dimensioni lineari dei video e dell'area scansionata sul campione. Ad esempio se l'arca scansionata del campione di dimensioni 2.6 mm x 1.9 mm viene riportata sul video 26 cm x 19 cm si ha un ingrandimento di 100X; se si riduce l'area in scansione a 52 mm x 38 mm (ovvero 2.6/50 mm x 1.9/50 mm) si ottiene un ingrandimento di 5000X. Il processo però non può essere spinto all'infinito esistendo dei limite sia nell'elettronica di controllo della scansione, sia nelle dimensioni dei fascio. Un normale microscopio a scansione può ingrandire fino oltre 100.000X.

Il terzo importante fenomeno di interazione tra fascio sonda e campione, l'emissione di raggi X caratteristici, viene utilizzato essenzialmente per determinare ]a composizione dei campione osservato.

Infatti, quando un elettrone del fascio sonda riesce a strappare un'elettrone degli orbitali interni dell'atomo, la vacanza viene occupata dagli elettroni degli orbitali più esterni. In questo riassestamento elettronico vengono emesse radiazioni X con energie dipendenti dalle differenze tra le energie degli orbitali coinvolti. Poiché ogni elemento ha

una propria struttura atomica, le radiazioni emesse in questo fenomeno sono caratteristiche dell'elemento permettendone così il suo riconoscimento.

Nell'applicazione più comune il fascio sonda viene fermato su un particolare dell'oggetto in osservazione; la strumentazione elettronica collegata con il rivelatore di raggi X provvede al conteggio e alla misura dell'energia di ogni raggio X rilevato emesso dal particolare. In un monitor separato da quello dell'immagine viene presentato in forma grafica il cosiddetto spettro X, ovvero il grafico che indica il numero di raggi X rilevati in funzione dell'energia. La presenza di "picchi" nello spettro a determinate energie sta ad indicare gli elementi presenti nel campione, mentre la loro altezza è legata alla concentrazione di ciascun elemento (fig. 6). In definitiva, l'analisi dello spettro X di un particolare o di una particella osservata, consente di individuarne la composizione e quindi la natura.

I campioni che devono essere sottoposti all'osservazione con il SEM devono essere almeno parzialmente conduttivi. Infatti il campione è continuamente investito da un fascio di elettroni; se questi elettroni non vengono neutralizzati o asportati dal campione si possono creare accumuli locali di cariche e conseguenti scariche elettriche all'interno del SEM che non solo hanno conseguenze disastrose sull'immagine, ma possono anche alterare localmente le caratteristiche del campione.

Per rendere conduttiva la superficie del campione sono due i metodi più diffusi. Il primo consiste nel depositare sulla superficie del campione un sottilissimo strato di metallo conduttivo (più spesso oro, ma anche rame, platino, palladio o altro) tramite una apposita apparecchiatura ("sputter"). Con il secondo metodo si depone invece sul campione una sottilissima pellicola di carbonio per mezzo di un "carbonatore". Entrambi i metodi, se ben condotti, non modificano la morfologia superficiale del campione, ma per la scelta di quello da impiegare si deve tener conto degli scopi dell'analisi.

Con la deposizione di uno strato metallo si ha il vantaggio di ottenere delle ottime immagini anche se non sono stati ottimizzati tutti i parametri operativi del SEM. La presenza del metallo sulla superficie del campione ha però l'inconveniente di introdurre nello spettro X i "picchi" del metallo utilizzato che possono interferire con i "picchi" degli elementi del campione.

Se il campione è "carbonato", le immagini dei campione possono risultare meno risolute e più rumorose, ma le interferenza nell'analisi X sono di gran lunga ridotte. Infatti, la maggior parte dei sistemi SEM con analisi X, sono in grado di rilevare solo gli elementi con numero atomico superiore a 11 e quindi il carbonio sulla superficie non è rilevabile.

Determinazione delle fibre di amianto aerodisperse tramite il SEM

I metodi per la preparazione e l'analisi del campione per la misura della concentrazione di fibre di amianto aerodisperse tramite il microscopio elettronico a scansione sono quelli descritti nell'Allegato 2 del d.m. 6 Settembre 1994 e riprendono molte delle indicazioni riportate nel metodo raccomandato dall'AIA (RTM2. Recommended Technical Method n. 2). Di seguito si riportano quindi solo alcune osservazioni sul d.m. indotte dall'esperienza sul campo acquisita dai laboratori della Regione Lombardia o dall'avvenuto avanzamento tecnologico della strumentazione.

Il Decreto Ministeriale prevede che il campionamento delle polveri aerodisperse sia effettuato su un filtro in policarbonato con porosità di 0.8 µm, 25 mm di diametro, con una velocità di flusso sul lato esposto della membrana di 0.35 m/sec.

La superficie di un filtro in policarbonato è piana a foro passante e consente quindi di individuare molto facilmente il materiale depositatosi. Non possono essere utilizzati invece i filtri in esteri di cellulosa poiché hanno una matrice complessa; le fibre e le particelle tendono a occultarsi nella matrice del filtro e quindi la loro rivelazione diventa molto più difficile.

Un tipico portafiltro per filtri da 25 mm riduce il diametro della superficie esposta della membrana a circa 20 - 23 mm. Per mantenere la velocità di flusso a quanto richiesto, è necessario campionare con una portata tra 6 - 9 l/min. Per campionare complessivamente 3000 1, come indicato nel d.m. 619/94, è quindi necessario campionare per 6 - 9 ore. Un volume di campionamento di 3000 1 risulta spesso eccessivo per l'analisi in SEM in quanto su filtro si possono depositare troppe particelle di polvere che impediscono l'individuazione delle fibre o la loro misura. Inoltre il tempo necessario per il campionamento può non risultare compatibile con le disponibilità di chi effettua il campionamento. Pertanto, quando in particolare si tratta di un campionamento ai fini di una restituibilità di un cantiere confinato è opportuno ridurre il volume campionato a 2000 l per non rischiare di ottenere una membrana non analizzabile. Sempre nel caso restituibilità di ambienti confinati dopo bonifica, come per la microscopia ottica, anche per la microscopia elettronica è necessario attendere che l'incapsulante eventualmente disperso si sia completamente depositato.

Quando sia ha una perdita di carico o quando si ritiene che la polverosita' dell'ambiente sia elevata, il d.m. preveda la possibilità di effettuare due campionamenti paralleli da 1500 l.

La normativa prevede che la superficie esposta della membrana sia quella lucida. Questo dettaglio tecnico non deve essere sottovalutato; infatti le membrane in policarbonato sono parzialmente trasparenti e quando l'ambiente campionato è particolarmente pulito è difficile riconoscere il lato esposto.

Per il fissaggio del filtro sulla basetta portacampioni (stub) la normativa prevede l'utilizzo di grafite colloidale da spalmare sullo stub.

Più recentemente è possibile trovare in commercio appositi biadesivi di carbonio delle stesse dimensioni dello stub (ĝ 12 mm o 25 mm). Fissare il frammento di filtro su stub con questi biadesivi è certamente un'operazione non solo molto più semplice e rapida, ma soprattutto più sicura e pulita. Infatti in questo modo si evitano che microgoccioline della soluzione colloidale possano "sporcare" la superficie del filtro. Quindi tale pratica, ormai utilizzata da molti laboratori, é oggi da ritenersi preferibile a quella della grafite colloidale.

Per quanto riguarda la metodica di analisi, la normativa prevede che venga esplorato circa 1 mm', che, ad un ingrandimento di 2000X, corrisponde a circa 400 - 450 campi solo in alcuni SEM. Molti microscopi elettronici a scansione di recente costruzione hanno un video con dimensioni di 14" o anche superiori, per i quali ad un ingrandimento di 2000X corrisponde un campo di circa 0.01 mm² o superiore. Con questi SEM è sufficiente la visione di 100 campi per esplorare più di 1 mm². Supponendo una distribuzione uniforme della polvere sul filtro, per un campionamento di 3000 l, l'esplorazione di 1 mm² di filtro corrisponde all'osservazione della polvere di circa 10 l. L'ipotesi di un ritrovamento di 10 fibre su 1 mm² corrisponde quindi a circa 1 ff/l;

con un numero così basso di fibre la variabilità statistica è ancora elevata. Quando l'analisi è effettuata ai fini della restituibilita' di locali dopo bonifica, essendo il limite di legge pari a 2 ff/l, è opportuno estendere l'area esplorata ad almeno 2 mm².

Questa opportunità diventa necessità, quando il volume campionato o il numero di fibre osservate sono inferiori. Le norme di buona tecnica richiedono che il limite di rilevabilita' sia almeno circa 10 volte inferiore al limite di confronto. L'analista al SEM dovrà quindi stabilire quanti campi esplorare tenendo conto anche di questo.

Come per la microscopia ottica, l'individuazione delle fibre è fatta dall'analista; il riconoscimento delle fibre di amianto al SEM è invece oggettivo in quanto la microanalisi X consente di classificare le fibre di amianto nella gran parte dei casi.

La scelta dei campi da osservare avviene con gli stessi criteri impiegati al microscopio ottico; in alcuni microscopi elettronici lo spostamento del campione può essere controllato dal "computer" e ciò minimizza parte degli errori introdotti dall'operatore.

L'operatore al SEM deve mantenere sempre intatte le proprie capacità di concentrazione anche se rispetto al tecnica MOCF l'analisi al SEM è meno faticosa per la vista. Pertanto anche l'operatore al SEM deve aver degli opportuni periodi di pausa per non inficiare negativamente il risultato dell'analisi. Tuttavia, nonostante che le capacità dell'operatore siano ancora fondamentali per effettuare una analisi corretta, alcuni lavori in letteratura dimostrano che la determinazione della concentrazione di fibre aerodisperse in SEM è molto meno influenzata dalle variabilità dell'operatore rispetto all'analisi in microscopia ottica in contrasto di fase.

Il Decreto Ministeriale del 6 settembre 1994 non dà indicazioni su quali dati debbano essere riportati nel bollettino di analisi. Tuttavia, per meglio interpretare il risultato, è importante che nel referto, oltre alla concentrazione di fibre aerodisperse, siano riportati anche i limiti fiduciari inferiore e superiore con una fissata e indicata probabilità (solitamente 95%), l'arca di filtro esplorata e almeno la dichiarazione del rispetto della metodica di analisi prevista dal Cap. B dell'allegato B del d.m. 6 settembre 1994 o le eventuali difformità.

4.4 Il metodo di analisi con la difrattometria X per la determinazione ponderale di amianto in campioni massivi

L'applicazione più importante della diffrattometria a raggi X (DRX) nel campo dell'asbesto consiste nella determinazione delle varie forme di amianto (crisotilo, amosite, crocidolite, ecc.) in un campione in massa e nella misura della percentuale di amianto contenuta o legata al campione.

La necessità di quantificare il contenuto di amianto nei materiali deriva dalla Legge 257 che all'art. 8 prevede che la classificazione dell'amianto e dei materiali contenenti amianto sia disciplinata dalla normativa sul l'etichetta tura di sostanze e preparati pericolosi (Legge 256 del '74 e successive modifiche e integrazioni). Su queste basi si considerano materiali contenenti amianto quelli il cui contenuto di la i minerali sia uguale o superiore a 0.1% in peso (d.m. 28 gennaio 1992 art. 3, punto J), in conseguenza del fatto che l'amianto è classificato come tossico e cancerogeno di prima categoria.

Prima di descrivere la metodica analitica si ricorda che il metodo di campionamento di materiali contenenti amianto è ben descritto al punto 1b dell'allegato al d.m. 6 settembre 1994; è importante tuttavia ribadire che il personale che effettua il campionamento deve essere protetto mediante dispositivi di protezione individuali, deve sigillare i punti di campionamento, per evitare eventuali successive contaminazioni, e deve raccogliere almeno circa 5 cm' di superficie o 10 g di materiale. Il campione deve essere confezionato sul posto in doppia busta di plastica chiusa.

Il sistema usato per la misura della concentrazione ponderale dell'amianto in un materiale è il diffrattometro per polveri che può essere schematicamente rappresentato dalla figura 7.

Un campione piano di analita è montato su un piano rotante e sottoposto ad un fascio di raggi X prodotti da una sorgente fissa. Il piano su cui è posizionato il campione viene fatto ruotare così che l'angolo q fra il campione e il fascio incidente cambi. Raggi X vengono riflessi ogni volta che l'angolo di incidenza del fascio X sul campione verifica determinate condizioni, definite dalla legge di Bragg e legate alla spaziatura dei piani reticolari delle componenti cristalline nel campione (cfr. fig. 8).

Per una data lunghezza d'onda utilizzata dal sistema DRX, ad ogni struttura cristallina corrisponde un insieme definito di angoli di riflessione che ne permettono il riconoscimento. I sistemi DRX più diffusi impiegano per lo più una radiazione X con l = 1.54 10-10 m (riga Ka del rame) prodotta da un tubo X con anodo in rame e ponendo opportuni filtri sul fascio.

Un rivelatore di raggi X si muove attorno al campione in modo tale che quando il piano del campione ruota di un angolo q, esso ruota di un angolo 2q, rimanendo così sempre nella posizione corretta per ricevere i raggi riflessi dal campione.

Il rilevatore è un sistema elettronico (più spesso un cristallo di Si(Li)) che converte i raggi riflessi dal campione in impulsi elettrici; il numero di impulsi contati dal rilevatore è direttamente proporzionale al] intensità del fascio riflesso. Questi impulsi vengono registrati e visualizzati su carta o su un monitor come una serie di picchi sopra un segnale di fondo. Un tracciato diffrattometrico tipico di una analisi di un campione di crisotilo è mostrato nella figura 9.

Sono evidenti i picchi più intensi caratteristici per il crisotilo con q compreso fra 12° e 13° e fra 24° e 25° oltre al picco dell'argento a 38.05° della membrana stilla quale è depositata la polvere campione.

Diversi fenomeni possono influenzare le intensità osservate come ad esempio orientazioni preferenziali e l'assorbimento di raggi X da parte del campione. Tali effetti possono essere rimossi o significativamente attenuati ad esempio riducendo le dimensioni delle particelle del campione. il materiale da analizzare deve quindi essere preventivamente macinato in polveri fini se deve essere effettuata una analisi quali-quantitativa.

Non esiste una metodica unificata di macinazione del campione; è comunque fondamentale utilizzare un metodo che non modifichi la struttura cristallina dell'analita. Qualora il campione sia disomogeneo, si ritiene preferibile che le diverse fasi vengano analizzate separatamente al fine di ottenere non solo una migliore sensibilità analitica, ma anche una migliore caratterizzazione del campione stesso.

Per l'analisi, l'allegato 1 del d.m. 6 settembre 1994 prevede l'utilizzo del cosiddetto metodo del filtro d'argento, sul quale la polvere viene depositata per filtrazione da una soluzione disperdente. La membrana di argento ha la funzione di supporto e anche di standard interno per la valutazione dell'assorbimento dei raggi X da parte del campione stesso. Nei casi meno critici relativamente alla concentrazione dell'analita, agli obiettivi dell'analisi e al grado di conoscenza della matrice, si può ritenere accettabile anche il metodo di analisi della pastiglia con standard esterno, più semplice ed economico. In questo caso la polvere del campione macinato viene compressa e ridotta in pastiglia.

La presenza delle varietà di amianto nel campione viene quindi rilevata dall'analisi del diffrattogramma e la concentrazione è determinata dalla misura dell'intensità dei picchi relativi utilizzando curve di taratura predeterminate e opportune correzioni per gli effetti matrice.

La sensibilità analitica di questa tecnica è intorno all'1% che è adeguata nella maggior parte delle applicazioni. Gli inconvenienti principali di questa tecnica sono costituiti primariamente dalle interferenze introdotte da alcuni materiali comunemente associati all'amianto in alcuni prodotti industriali (es. gesso, caolino e clorite. Inoltre la distinzione tra crocidolite e amosite, se presenti contemporaneamente, risulta difficoltosa. Tuttavia queste interferenze possono essere individuate e risolte da un operatore esperto analizzando i picchi secondari.

Talvolta la sensibilità analitica può essere migliorata mediante tecniche chimico-fisiche di arricchimento dell'analito in fase di preparazione del campione.

Per una più corretta interpretazione del risultato analitico la metodica di analisi deve essere sempre chiaramente indicata nel referto di analisi. Quando nel campione l'amianto è in concentrazioni tali da non essere misurabile o rilevabile, nel referto di analisi deve essere riportato anche il limite minimo, di rilevabilità.

4.5 Metodo di analisi mediante l'utilizzo di spettrometro infrarosso in trasformata di Fourier (FTIR) per la determinazione del contenuto di amianto in massa

La tecnica FTIR è considerata alternativa alla DRX, anche dal DM del 1994, per la determinazione dell'amianto in massa. Il metodo utilizza uno spettrometro FTIR, spesso già disponibile nei laboratori di analisi chimiche per determinazioni qualitative e quantitative di campioni liquidi e solidi (alcune volte anche gassosi).

La spettroscopia infrarossa. permette di acquisire lo spettro determinato dalle vibrazioni dei gruppi funzionali delle sostanze analizzate. Nel caso di materiali compositi lo spettro risulterà ovviamente più complesso, ma sempre caratteristico tale fatto permette la identificazione dei materiali usati quali coibenti.

Generalmente gli spettri IR caratteristici vengono studiati fra 300 e 4000 cm-1. 1 diversi amianti forniscono diversi spettri che possono essere quindi confrontati tra di loro, consentendo l'identificazione mineralogica.

Nella tecnica FTIR un fascio di raggi infrarossi viene fatto passare attraverso un interferometro che genera un insieme di interferenze complesse (interferogramma). Tale fascio attraversa il campione in analisi e viene modificato per gli assorbimenti selettivi del campione stesso. I segnali ottenuti, per mezzo di un sistema di trasformazione in segnale elettrico e successivamente digitale, inviati a calcolatore, consentono di ottenere uno spettro infrarosso con il procedimento della trasformata di Fourier.

Il campione da introdurre nello spettrometro può essere ottenuto da una varietà di protocolli di analisi (pastiglie con alogenuro alcalino, nujol, dispersione su film, ecc.) a patto che lo stadio di trattamento precedente consista in una macinazione ultrafine dello stesso. In genere, l'aliquota da sottoporre all'analisi è inferiore a quella utilizzata per la DRX, con conseguenti maggiori problemi di precisione ma possibilità di indagare campioni di massa minore.

Tipicamente l'aliquota del campione macinato da analizzare (circa 1 milligrammo) viene miscelata con 200 mg di bromuro di potassio (KBr) e compressa in pastiglia. .

Le fibre degli asbesti di interesse danno assorbimenti specifici. Nella tabella seguente si riportano i principali assorbimenti specifici espressi in numeri d'onda (il numero è il reciproco della lunghezza d'onda ed esprime il numero di onde contenute in una unità di lunghezza).

Tipo di amianto numeri d'onda (cm-1 ħ5)

Crisotilo 3680 e 295

Amosite 1080

Crocidolite 775 e 315

Nelle figure dalla 10 alla 15 si mostrano, come esempi, gli spettri di assorbimento per i principali asbesti e, per confronto, del caolino.

L'analisi quantitativa viene effettuata per il crisotilo a 3685 cm-1, per la crocidolite a 780 cm-1 e 314 cm-1 e per l'amosite a 1080 cm-1.

Utilizzando pastiglie di KBr la correlazione è lineare, come illustrato in figura 16.

Per il crisotilo e l'amosite il limite di rilevabilità è pari a circa 10 µg per una pastiglia di 200 mg di KBr, mentre per la crocidolite è pari a 50 µg.

E’ possibile inoltre determinare la massa di fibre prelevate su filtro in PVC, poiché questo è sufficientemente trasparente nelle bande di lunghezza d'onda corrispondenti agli assorbimenti degli amianti.

I principali vantaggi della spettrometria FTIR consistono nella possibilità di operare con piccole quantità di campione, con procedure semplici, con brevi tempi di analisi e con alta risoluzione.

Va comunque ricordato che in campioni costituiti da miscele potrebbero verificarsi interferenze, diverse ma nella stessa misura della tecnica DRX, in particolare in presenza di composti organici. Di conseguenza, rispetto alla tecnica DRX, si ricorre maggiormente al trattamento termico dei campione.

Si può sicuramente affermare che le due tecniche (DRX e FTIR) utilizzano principi di misura della concentrazione dell'analita differenti. da considerarsi complementari. In casi. critici si consiglia un loro utilizzo contemporaneo in modo da aumentare la confidenza circa l'accuratezza dei risultato.

Bibliografia

1. La diffrattometria dei Raggi X per materiali policristallini; aspetti pratici, Bonissoni, Ricci, Bitti. Tecniche nuove.

2. X Ray method, Clive, Whiston, Wiley.

3. Application of infrared spectroscopy in asbestos mineral analysis, A. Marconi, Ann. Ist. Sup. Sanità, Vol. 19, n. 4 (1983), pp. 629-638.

Le figure da 1 a 13 sono omesseup.jpg (878 byte)

CAPITOLO 5 - RIFIUTI

5. I RIFIUTI

5.1 Definizione

La definizione canonica di "rifiuto di amianto" è quella riportata al 1° comma lettera c) dell'art. 2 della legge 27 marzo 1992, n. 257 recante "Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto e cioè

"Materiali di scarto delle attività estrattive di amianto, i detriti e le scorie delle lavorazioni che utilizzano amianto, anche provenienti dalle operazioni di decoibentazione nonchè qualsiasi oggetto contenente amianto che abbia perso la sua destinazione d'uso e che possa disperdere fibre dì amianto nell'ambiente in concentrazioni superiori a quelle ammesse dall'art. 3".

Per l'amianto crisotilo il limite è stabilito in 0.6 fibre/cm³.

Appare opportuno fare alcune considerazioni sulla valenza giuridica di quanto indicato al comma 1 lettera e) del citato art. 2 infatti nella legislazione ambientale italiana è ormai consolidato quale concetto di "pericolo per" il termine di "fatto possibile e probabile" e non necessariamente come "dato o situazione effettivamente in atto".

In tal senso va quindi interpretato il concetto "...e che possa disperdere fibre di amianto nell'ambiente in concentrazioni superiori a...".

Pertanto dovrebbe essere considerato rifiuto di amianto quell'oggetto contenente amianto che ha la potenzialità di dar luogo all'evento a meno che non si dimostri che le condizioni fisiche in cui l'oggetto stesso venga a trovarsi non escludano in via definitiva la possibilità dei verificarsi di quell'evento.

Per questo motivo, ad esempio, nella valutazione sulla possibile cessione delle coperture in cemento-amianto ciò che deve essere considerato è "l'amianto liberabile", ovvero quella quota parte di amianto che non si presenta in fibre, secondo l'accezione della direttiva CEE n. 87/217, ma che può dar luogo a fibre (come definite dalla CEE) a seguito di eventuali sollecitazioni meccaniche che conducano o alla sfioccatura di fasci iniziali o a polverizzazione di elementi misti (evento possibile e quindi pericoloso).

Ora per le fibre la direttiva CEE propone un fattore di conversione tra valore numerico e valore ponderale pari a

20.000 fibre/Lg.

Se ora trasformiamo il valore numerico di 0.6 fibre / cm, in valore ponderale otteniamo

600 fibre/I x 1/20.000 µg / fibra = 0.03 µg / L.

Ora 1 litro di aria a temperatura di 20 C e 1 atm pesa 1.2 g (densità 1.2 g/L).

Possiamo quindi fare riferimento ad un valore peso/peso piuttosto che peso/volume

0.03 µg/L x 111.2 L/g = 0.025 µg/g = 25 µg/kg

Ossia, in un kilogrammo di aria, il limite è rappresentato da 25 microgrammi di crisotilo.

Con bilancia alla sesta cifra decimale, a questo punto è stato pesato un fascetto di fibre di crisotilo di lunghezza pari a 6 mm e diametro pari a 0.2 mm, liberato da un "eternit" mediante semplice spennellatura superficiale, ottenendo il valore di 80 microgrammi.

Questo fascetto rappresenta l'amianto liberabile che disperso in ambiente, a seguito di successive sfioccature, "puo'" dar luogo a fibre secondo l'accezione CEE e, come si può verificare, il peso di un solo corpo sfioccabile è di per sè già superiore al limite di riferimento.

Ciò significa che se introduciamo il fascetto in un sistema costituito da 1 litro di aria e per successive manipolazioni otteniamo fibre secondo l'accezione CEE, avremo un conteggio sicuramente superiore a 0.6 fibre/cm³, una volta campionato l'amianto secondo la metodica del d.lgs. 277/1990.

L'esempio dimostra che, per la quasi totalità della casistica, i materiali contenenti amianto e destinati a dismissione ed abbandono sono da considerarsi rifiuti di amianto.

L'art. 12 comma 6 della citata L. 257/1992 a questo punto prevede che i rifiuti di amianto siano "..classificati tra i rifiuti speciali, tossici e nocivi, ai sensi dell'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, in base alle caratteristiche fisiche che ne determinano la pericolosità, come la friabilità e la densità".

Il d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 di "Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 911689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CEE sugli imballaggi e sui rifiuti dì imballaggio" (cosidetto decreto Ronchi), abrogando la normativa esistente (all'art. 56), di fatto modifica la precedente struttura classificativa dei rifiuti (speciali - tossici e nocivi) e introduce il concetto di rifiuto pericoloso e non pericoloso, superando la procedura analitica di accertamento; infatti la classificazione è ascrivibile direttamente al processo produttivo che ha dato origine al rifiuto.

Dalla lettura integrata di entrambe le normative (L. 257/92 e d.lgs. 22/97), risulta agevole definire il rifiuto di amianto in

rifiuto speciale non pericoloso

rifiuti di costruzioni e demolizioni - MATERIALITA' DI COSTRUZIONE A BASE DI AMIANTO (codice C.E.R. 17 01 05);

rifiuto speciale pericoloso

rifiuti di costruzioni e demolizioni - MATERIALI ISOLANTI CONTENENTI AMIANTO (codice C.E.R. 17 06 01).

E' a questo punto evidente, come tra l'altro indicato dal d.P.R. 8 agosto 1994 recante "Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per l'adozione di piani di protezione, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica dell'ambiente, ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall'amianto" e dal d.m. sanità 6 settembre 1994 recante "Normative e metodologie tecniche di applicazione dell'art. 6, comma 3 e dell'art. 12 comma 2 della legge 27 marzo 1992, n. 257", che la collocazione del rifiuto nell'una o nell'altra categoria è strettamente dipendente dallo stato fisico dei rifiuto stesso e dalla possibilità per quest'ultimo di disperdere fibre di amianto nell'ambiente, a seguito di semplice manipolazione meccanica.

5.2 Tipologia dei rifiuti

I rifiuti contenenti amianto sulla base dello stato fisico possono essere così articolati in

Rifiuti speciali NON pericolosi

- Rifiuto in pezzatura con matrice stabile o resa tale

rifiuto contenente amianto legato in matrice stabile avente densità > 1 kg/dmc. Questi rifiuti sono costituiti da manufatti diversi di vario spessore, comunque superiore a 3 mm.

Ogni singolo pezzo, a parte lo spessore, dovrà avere dimensioni (lunghezza - larghezza) dell'ordine di alcuni decimetri, essendo ammessa la presenza di frammenti aventi dimensione di qualche centimetro.

In riferimento alla l. 257/92 rientrano in questa categoria

a) lastre di amianto piane o ondulate;

b) tubi, canalizzazioni e contenitori per il trasporto e lo stoccaggio di fluidi, ad uso civile e industriale. Rientrano in questa categoria i pavimenti vinilici, PVC e plastiche rinforzate contenenti amianto.

1 materiali in cemento - amianto, soprattutto sotto forma di lastre di copertura, sono quelli maggiormente diffusi anche in modo puntiforme.

Rifiuti speciali pericolosi

- Rifiuto in pezzatura con matrice non stabile

rifiuto contenente amianto in matrice non stabile e/o avente densità < 1 kg/dmc, oppure di stato intermedio fangoso/solido non rientrante nel successivo paragrafo fanghi. Trattasi di rifiuti essenzialmente provenienti dalle lavorazioni svolte negli stabilimenti di produzione, come ad esempio materiali di risulta dalla pulizia delle macchine.

- Rifiuto polverulento

polveri di risulta da processi di filtrazione ed abbattimento, o rifiuti contenenti amianto legato in matrice, che non soddisfano i requisiti di cui al punto rifiuti in pezzatura.

- Fanghi

miscuglio di amianto con altri materiali con tenore d'acqua superiore al 30 %

- Imballaggi

sacchi e contenitori utilizzati per il confezionamento di amianto commerciale.

In riferimento alla L. 257/92 rientrano in questa categoria

c) guarnizioni di attrito di ricambio per veicoli a motore, veicoli ferroviari, macchine e impianti industriali;

d) guarnizioni di attrito di ricambio per veicoli a motore, veicoli ferroviari, macchine e impianti industriali con particolari caratteristiche tecniche;

e) guarnizioni delle testate per motori di vecchio tipo;

f) giunti piatti statici e guarnizioni dinamiche per elementi sottoposti a forti sollecitazioni;

g) filtri e mezzi ausiliari di filtraggio per la produzione di bevande;

h) filtri ultrafini per la sterilizzazione e per la produzione di bevande e medicinali; '

i) diaframmi per processi di elettrolisi.

In particolare, per quanto attiene agli edifici, i materiali contenenti amianto possono essere suddivisi in tre grandi categorie

1) materiali che rivesto no superfici applicati a spruzzo o a cazzuola;

2) rivestimenti isolanti di tubi e caldaie;

3) miscellanea di altri materiali comprendente, in particolare, pannelli a bassa densità (cartoni) e prodotti tessili.

5.3 Accumulo e deposito nei luoghi di formazione

I rifiuti contenenti amianto devono essere opportunamente raccolti ed accumulati, separatamente da altri rifiuti di diversa natura.

Nel caso si abbia formazione, nello stesso luogo, di diverse categorie di, rifiuti contenenti amianto, è obbligatorio che le stesse siano accumulate separatamente.

A seconda delle loro caratteristiche e della classificazione di cui sopra, i rifiuti devono essere accumulati in modo opportuno, in attesa dello smaltimento.

Le modalità di accumulo presso i luoghi di formazione dipendono chiaramente dalle tipologie di rifiuti così come sopra individuati, in particolare

Rifiuti di cemento-amianto (lettere a e b dell'allegato alla l. 257/1992)

Accertato l'effettivo stato di degrado dei materiali in cemento-amianto e quindi proceduto all'applicazione di uno strato incapsulante che consenta inequivocabilmente alla successiva classificazione del rifiuto quale rifiuto speciale non pericoloso, secondo quanto previsto dalla circolare SAN/ECOL n. 4 del 4 febbraio 1993 (oltre che a consentire di poter operare in condizioni di sicurezza per l'ambiente e per l'uomo), il rifiuto viene rimosso e ammassato a piede di cantiere.

Il deposito deve avvenire comunque ordinatamente

- nel caso di lastre, il materiale deve essere sovrapposto, collocato su pallets, avvolto in materiale protettivo plastico (meglio termoretraibile) e bloccato con successiva reggiatura;

- nel caso di tubazioni di dimensioni considerevoli il materiale deve essere avvolto con semplice copertura di materiale plastico resistente allo strappo;

- nel caso di sfridi, comunque di pezzatura non inferiore ai 10 dmq, il materiale deve essere inserito in big-bags con chiusura ermetica.

In ogni caso i rifiuti devono essere ammassati al coperto.

Rifiuti contenenti amianto in matrice non stabile

Per quanto riguarda gli stabilimenti di produzione deve essere predisposta un'area opportunamente pavimentata e delimitata, nella quale verrà accumulato il rifiuto.

Il pavimento dell'area dovrà essere in leggera pendenza, in modo tale che sia possibile la raccolta delle acque piovane e di quelle di eventuale bagnatura; è opportuno predisporre intorno all'area prese d'acqua da utilizzare per una eventuale bagnatura del rifiuto al momento del carico sul mezzo che lo trasporterà a discarica.

Il rifiuto dovrà essere collocato nell'area ordinatamente, evitando per quanto possibile l'accumulo alla rinfusa.

Nei luoghi di utilizzo dei prodotti esistono sostanzialmente due tipi di possibile raccolta

- il rifiuto viene direttamente caricato al momento della sua formazione sull'automezzo con il quale verrà trasportato a discarica. Questa operazione deve essere condotta in modo tale da minimizzare il rilascio di polveri; pertanto si procederà, per strati successivi, a cospargere il materiale con sostanze di fissaggio al fine di immobilizzare le parti volanti;

- il rifiuto viene accumulato e successivamente trasportato a discarica. In questo caso esso dovrà essere raccolto in zone predeterminate; tali zone dovranno essere nel minor numero possibile, e scelte opportunamente in modo da non essere interessate da transito di mezzi che potrebbero provocare la frantumazione del rifiuto. Al tempo di permanenza del rifiuto nelle zone di raccolta dovrà essere limitato al minimo indispensabile. L'arca sarà preclusa all'accesso e delimitata con cartelli riportanti le indicazioni di pericolo.

Per quanto riguarda i rifiuti polverulenti devono essere raccolti in modo da limitare per quanto possibile il rilascio di fibre di amianto nell'ambiente; occorre pertanto operare la raccolta degli stessi all'interno di sistemi chiusi, a tenuta stagna.

Il rifiuto polverulento deve essere collocato in contenitori a perdere, sigillati, pre-stampati con etichettatura conforme alla direttiva (CEE) n. 87/478.

I contenitori per questo tipo di raccolta e trasporto devono rispondere ai seguenti requisiti

- resistenza non inferiore a quella del polietilene ad alta densità di spessore 8/10 mm;

- capacità non superiore a 30 l;

- chiusura con termosaldatura o doppio legaccio;

- opportuna etichettatura dei contenitore.

Nel caso di riempimento non manuale, i sacchi devono essere trasparenti e qualora gli stessi siano immessi in bigbags, questi ultimi dovranno essere dotati di idonea etichettatura.

La movimentazione dei rifiuti dal punto di formazione al deposito deve essere effettuata con mezzi che minimizzino il rilascio di fibre nell'ambiente.

Per quanto attiene ai rifiuti in pezzatura, essi devono essere raccolti in contenitori metallici o in materiale plastico, a chiusura ermetica, costruiti in modo tale da non permettere caduta di materiale all'esterno durante la movimentazione, né la colatura dell'eventuale acqua di imbibizione.

La movimentazione e lo stoccaggio devono essere effettuati in modo tale da minimizzare il rilascio di fibre nell'ambiente; è opportuno che questo tipo di rifiuti venga mantenuto umidificato durante la sua permanenza nell'area di accumulo.

Gli imballaggi che hanno contenuto amianto, così come altri materiali ad essi assimilabili (feltri utilizzati per la produzione del cemento-amianto), devono essere trattati come

descritto precedentemente per i rifiuti polverulenti.

Si evidenze che le acque di lavaggio sono da considerarsi, a tutti gli effetti, scarichi industriali ex l. 319/1976.

5.4 Criteri per il trasporto dei rifiuti

Imballaggio

Per i rifiuti contenenti amianto i criteri di imballaggio costituiscono la principale misura preventiva di eventuali dispersioni delle fibre nell'ambiente e qui di seguito vengono riportati i criteri da seguire per il trasporto delle differenti categorie di rifiuto contenente amianto.

In fase di trasporto il rifiuto in pezzatura (matrice stabile) deve essere caricato imballato sull'automezzo; per lunghi percorsi è opportuna l'applicazione di telone di copertura del carico.

In realtà si preferisce comunque utilizzare per il trasporto le stesse modalità di confezionamento del rifiuto citate al punto precedente in merito all'accumulo nei luoghi di produzione.

I rifiuti polverulenti contenuti in involucri di plastica come detto in precedenza, possono essere imballati in

- fusti o taniche di materiale plastico;

- fusti o taniche in acciaio;

- fusti in alluminio.

Gli imballaggi vuoti non bonificati devono essere chiusi, presentare le stesse caratteristiche di tenuta stagna come se fossero pieni, e devono recare le stesse etichette di pericolo di cui alla Direttiva (CEE) 83/478.

Per il trasporto di rifiuti in pezzatura (matrice non stabile) valgono le stesse considerazioni fatte per i rifiuti in pezzatura a matrice stabile.

Requisiti del mezzo di trasporto

Le vigenti disposizioni in materia di circolazione A.D.R., prevedono che il trasporto dei rifiuti di amianto abbia luogo su mezzi di classe 9 - sostanze pericolose non ricomprese nelle classi precedenti.

Si ritiene tuttavia opportuno raccomandare l'osservanza delle seguenti misure nel caso del trasporto di rifiuti contenenti amianto,

- pianale di carico corredato da sponde (meglio se la sponda posteriore è del tipo ribaltabile con meccanismo elevatore - sponda di caricamento);

- dotazione di transpallets per movimentazione;

- dotazione di teloni per la copertura dei carico.

Nel caso di utilizzo di container scarrabile, utilizzato anche come mezzo di ammasso presso il luogo di produzione dei rifiuto, è consigliabile verificare il corretto riempimento e/o alloggiamento del rifiuto all’interno dello stesso prima del caricamento del container sul mezzo onde evitare che nella manovra si abbiano spostamenti all'interno del cassone con conseguenti frantumazioni dei rifiuto e/o rotture degli imballaggi con conseguente possibile aerodispersione delle fibre di amianto.

Nel caso di trasporto di fango, il materiale già imballato deve essere sistemato in modo da evitare lo spandimento anche accidentale del liquido di imbibizione.

Per il trasporto per via ferroviaria o marittima, le vigenti regolamentazioni internazionali coprono abbondantemente la materia (cfr R.I.D.).

Informazione al personale

Il personale incaricato del trasporto deve essere adeguatamente informato sui rischi per la salute derivanti dall'esposizione all'amianto, sulle procedure da seguire e sui mezzi di protezione individuale da utilizzare in caso di emergenza e deve avere a disposizione la scheda di sicurezza prevista dall'A.D.R..

Trattandosi del trasporto di rifiuti deve essere altresì disponibile il formulario di identificazione del rifiuto stesso.

Mezzi di protezione

Il personale incaricato del trasporto deve avere a disposizione, a bordo dell'automezzo, i seguenti mezzi di protezione personale

- mascherina antipolvere dei tipo 3M.8710 od equipollente;

- tuta ad un pezzo in Tiwek, completa di calzari e cappuccio;

- semimaschera facciale dotata di filtro per polveri del tipo P3.

Insieme ai mezzi di protezione, devono essere tenute istruzioni specifiche relative sia al corretto uso dei mezzi di protezione sia ai casi nei quali gli stessi devono essere utilizzati.

5.5 Criteri per lo smaltimento finale dell'amianto

Il problema dello smaltimento dei rifiuti contenenti amianto (RCA), deve quindi essere, gestito nell'ottica di una minimizzazione in primo luogo del possibile rilascio e dispersione di fibre nell'atmosfera e del contenimento dei possibili inquinamenti delle falde acquifere.

Di fatto, i rifiuti in cui le fibre di amianto sono inglobate in una matrice stabile avente densità > 1 g/cmc hanno un potenziale di rilascio di fibre molto basso (ad esempio la maggioranza dei manufatti in cemento-amianto, guarnizioni, composti bituminosi, plastiche e/o resine rinforzate).

Per contro altri tipi di RCA in cui le fibre non sono legate in matrice stabile ed aventi in genere una densità < 1 g/cmc, friabili e/o allo stato finemente suddiviso, presentano un potenziale di rilascio di fibre più elevato (amianto spruzzato, pannelli isolanti leggeri, i materiali di risulta dalle operazioni di scoibentazione).

Il d.p.r. 8 agosto 1994, recante "Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per l'adozione di piani di protezione, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica dell'ambiente, ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall'amianto", all'art. 5 - comma 1. recita I rifiuti di amianto classificati sia speciali che tossici e nocivi, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, devono essere destinati esclusivamente allo smaltimento mediante stoccaggio definitivo in discarica controllata".

La tassatività di tale destinazione, peraltro supportata da, specifico parere del Servizio Legale e del Contenzioso della Regione Lombardia, comporta notevoli problemi in fase di definizione delle possibili forme di smaltimento dei rifiuti contenenti amianto che hanno peraltro pesantemente condizionato la stesura dello stesso "Piano di protezione, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica dell'ambiente ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall'amianto" approvato dalla Regione Lombardia con deliberazione 22 settembre 1995 n. 2490.

In attesa dell'introduzione con dispositivo legislativo "ad hoc" di diverse modalità di trattamento dei rifiuti contenenti amianto, non è ammissibile alcuna forma di smaltimento che non sia rappresentata dalla deposizione in discarica controllata.

Attualmente, anche ai fini dello smaltimento dei rifiuti contenenti amianto, con la già citata deliberazione C.I. 27 luglio 1984 si identificano le seguenti tipologie di discarica

- discarica di Il categoria tipo A - sono impianti nei quali possono essere smaltiti soltanto rifiuti inerti quali sfridi di materiali da costruzione e materiali provenienti da demolizioni, costruzioni e scavi, materiali ceramici cotti, vetri di tutti i tipi, rocce e materiali litoidi da costruzione;

- discarica di Il categoria tipo B - sono impianti nei quali possono essere smaltiti rifiuti sia speciali che tossici e nocivi, tal quali o trattati, a condizione che non contengano sostanze appartenenti ai gruppi 9 - 20 e 24, 25, 27 e 28 dell'allegato al d.P.R. n. 915/1982 in concentrazioni superiori a valori corrispondenti a 11100 delle rispettive CL determinate ai sensi del par. 1.2 punto 1), e che, sottoposti alle prove di cessione di cui al par. 6.2, diano un eluato conforme ai limiti di accettabilità previsti dalla tabella A della l. 319/1976 e successive modifiche, per i metalli compresi nell'allegato al d.P.R. 915/1982. Se le caratteristiche di permeabilità dei suolo danno sufficienti garanzie, ossia è verificato, attraverso indagini di natura idraulica, geologica e idrogeologica, che lo spessore, la permeabilità e le capacità di ritenzione e assorbimento degli strati dei suolo interposti tra la massa dei rifiuti e le acque, superficiali e di falda, siano tali da preservare le acque medesime dall'inquinamento, possono essere smaltiti in discariche di tipo B anche i rifiuti di cui sopra il cui eluato superi, sino a un massimo di 10 volte, i sopra indicati limiti della tabella A della l. 319/1976. Possono inoltre essere smaltiti in questo tipo di impianto rifiuti contenenti polveri o fibre libere di amianto in concentrazioni non superiori a 10.000 mg/kg;

- discarica di II categoria tipo C - sono impianti nei quali possono essere smaltiti, oltre quelli indicati nei punti precedenti del. presente paragrafo i rifiuti speciali di cui ai punti 1) e 5) del quarto comma dell'art. 2 del d.P.R. 915/1982, nel caso trattasi di fanghi, questi devono essere stabilizzati e palabili; tutti i rifiuti tossici o nocivi, tal quali o trattati, ad eccezione di quelli contenenti sostanze appartenenti ai gruppi 9 - 30 e 24, 25, 27 e 28 dell'allegato al d.P.R. 915/1982 in concentrazioni superiori a 10 volte le rispettive CL.

Per quanto sopra parrebbe, a prima vista, che i rifiuti contenenti amianto possano essere smaltiti solo in discariche di seconda categoria tipo B o discariche di seconda categoria tipo C.

Di fatto il d.P.R. 8 agosto 1994, recante "Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per l'adozione di piani di protezione, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica dell'ambiente, ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall'amianto", all'art. 6 punto 3. recita

"Limitatamente ai rifiuti costituiti da sostanze o prodotti contenenti amianto legato in matrice cementizia o resinoide, classificabili quali rifiuti speciali ai sensi del citato d.P.R. n. 915/1982, è consentito lo smaltimento anche in discariche di seconda categoria tipo A, purché tali rifiuti provengano esclusivamente da attività di demolizione, costruzioni o scavi. Dovranno essere adottate, eventualmente anche in sede autorizzativa, apposite norme tecniche e di gestione atte ad impedire l'affioramento dei rifiuti contenenti amianto durante le operazioni di movimentazione".

In conseguenza a ciò ed in considerazione del fatto che con d.g.r. n. 59037 dell'8 novembre 1994 la Regione Lombardia, in attuazione del disposto dell'art. 14 della l. 142/1990, ha attribuito alle Provincie le funzioni amministrative in materia di autorizzazione alla installazione ed alla gestione di discariche di rifiuti inerti (leggasi discariche di seconda categoria tipo A), con circolare ECOL/SAN prot. 38790 del 5 giugno 1995 sono state date alle Provincie Lombarde precise direttive circa le prescrizioni tecniche da adottarsi nei casi di specie.

A questo proposito si ricorda che

1) i materiali contenenti amianto in matrice cementizia (eternit) vengono conferiti in discariche di Il categoria di tipo 2A segnalate in seguito. Su tali materiali non è indispensabile eseguire un'analisi per determinare il contenuto di fibre di amianto o di fibre liberabili;

2) i materia li contenenti amianto in matrice friabile vengono conferiti nelle discariche adeguate a seconda del contenuto di amianto. Tutte le fibre di questi materiali sono da considerarsi libere;

3) i materiali contenenti amianto in altri tipi di matrice devono essere sottoposti ad analisi per determinarne il contenuto di fibre liberabili prima del conferimento in discarica.

Queste direttive si riferiscono sia ad un momento "pianificatorio", con indicazione del numero delle dimensioni e delle caratteristiche di massima di tali impianti, sia alle modalità di conferimento e di messa a dimora dei rifiuti.

Tale circolare è parte integrante del "Piano di protezione, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica dell'ambiente ai fini della difesa dei pericoli derivanti dall'amianto".

5.6 Discariche disponibili per lo smaltimento al 31 ottobre 1997

Seconda categoria tipo A

- Faustini s.r.l. - loc. San Polo Brescia (BS);

- SE.AC. s.r.l. - loc. Ponchioni, Montichiari (BS);

- Consorzio Comense Inerti - Villaguardia (CO);

- SO.ECO. s.r.l. - loc. Croce Bianca, Cavriana (MN);

- Balzarotti - loc. C.na Nuova, Bollate (MI);

- Comune di Gordona - loc. Crezza; Gordona (SO)

Seconda categoria tipo B

- Logica s.r.l. - loc. C.na Nuova, Pontirolo Nuovo (BG);

- Ecolombardia 18 s.r.l. - loc. C.na Spagnola, Cervesina (TV)up.jpg (878 byte)

APPENDICE 1 - NORMATIVA DI RIFERIMENTO PER LA PREVENZIONE E LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO PROFESSIONALE ED AMBIENTALE DA AMIANTO E FIBRE MINERALI ARTIFICIALI DAL 1991 AL 1997

1. Circolare n. 115/SAN del 30 luglio 1991

Oggetto Coperture in cemento amianto Nota integrativa alle indicazioni della Circolare n. 46 dei 16 luglio 1990

2. Decreto Legislativo 15 agosto 1991, n. 277, capo III

Protezione dei lavoratori contro i rischi connessi all'esposizione ad amianto durante il lavoro.

3. Circolare del Ministero della Sanità del 25 novembre 1991, n. 23

Usi delle fibre di vetro isolanti - Problematiche igienico sanitarie - Istruzioni per il corretto impiego

4. Legge del 27 marzo 1992, n. 257

Norme relative alla cessazione - dell'impiego dell'amianto.

5. Circolare n. 4 SAN/ECOL del 4 febbraio 1993

Oggetto criteri di classificazione ai fini dello smaltimento in discarica dei rifiuti di cui alle lettere a) e b) della tabella allegata alla legge 27 marzo 1992, n. 257 recante "Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto".

6. Circolare n. 35 SAN/93 del 2 settembre 1993

Oggetto Linee guida per l'applicazione del d.lgs. 277/91 in ordine ai rischi derivanti dall'esposizione lavorativa a piombo, amianto e rumore.

7. D.P.R. del 8 agosto 1994

Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni ed alle province autonome di Trento e Bolzano per l'adozione di piani di protezione, di decontaminazione, di smaltimento, e di bonifica dell'ambiente, ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall'amianto.

8. Decreto Ministeriale del 6 settembre 1994

Normative e metodologie tecniche di applicazione dell'art. 6 comma 3, e dell'art. 12, comma 2, della legge 27 marzo 1992, n. 257, relativa alla cessazione dell'impiego dell'amianto.

9. Decreto Legislativo del 19 settembre 1994, n. 257

Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.

10. Circolare del Ministero della Sanità del 12 aprile 1995. n. 7.

Circolare esplicativa del Decreto Ministeriale del 6 settembre 1994.

11. Circolare ECOL/SAN del 5 giugno 1995

Oggetto d.P.R. 8 agosto 1994. Smaltimento di rifiuti costituiti da cernento-amianto.

12. Decreto Ministeriale del 26 ottobre 1995

Normative e metodologie tecniche per la valutazione del rischio, il controllo, la manutenzione e la bonifica dei materiali contenenti amianto presenti nei mezzi rotabili.

13. Deliberazione della Giunta Regionale del 22 settembre 1995 - n. 6/2490

Adozione del "Piano di protezione, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica dell'ambiente ai fini della difesa dei pericoli derivanti dall'amianto".

14. Decreto Ministeriale del 14 maggio 1996

Normative e metodologie tecniche per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli per rendere innocuo l'amianto, previsti dall'art. 5, comma 1, lettera f) della legge 27 marzo 1992, n. 257, recante "Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto".

15. Decreto Ministeriale del 7 luglio 1997. Approvazione della scheda di partecipazione al programma di controllo di qualità per l'idoneità dei laboratori di analisi che operano nel settore "amianto".up.jpg (878 byte)

APPENDICE 2

1) AIA pubblica Salute e Sicurezza. Metodo tecnico raccomandato n. 1 (RTM 1) Metodo di riferimento per la determinazione delle concentrazioni di fibre d'amianto sospese nell'aria sui luoghi di lavoro mediante microscopio ottico (metodo a membrana)

2) AIA pubblica Salute e Sicurezza. Metodo tecnico raccomandato n. 2 (RTM Metodo di riferimento per la determinazione delle concentrazioni dì fibre d'amianto ed altre fibre inorganiche sospese nell'aria mediante Microscopio Elettronico a Scansioneup.jpg (878 byte)

ALLEGATO

REGIONE LOMBARDIA

Direzione Generale Presidenza

Al Direttore Generale

Direzione Generale Sanità

via Stresa 24 - 20125 Milano

Parere sull'applicazione l. 27 marzo 1992 n. 257 "Norme relative alla cessazione dell’impiego dell'amianto" rif. EC/lc nota prot. 64280/13956 del 3 marzo 1997

Come correttamente osservato nella vostra nota, la Regione esercita una funzione di indirizzo e di coordinamento per le attività di protezione dell'ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica, ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall'amianto.

Per l'assolvimento di questo compito la Regione provvede alla adozione di piani di protezione dell'ambiente, che prevedano, tra l'altro, la raccolta delle rilevazioni sistematiche delle situazioni di pericolo, delle relazioni annuali di cui alla l. 257/1992 e del d.P.R. 8 agosto 1994, e del censimento degli edifici nei quali siano presenti materiali e prodotti contenenti amianto, ovvero di tutte le informazioni che si rendano necessarie per coordinare l'azione di difesa dai pericoli derivanti dall'amianto.

Alla USSL, in quanto struttura operativa che esercita le funzioni di controllo e di, vigilanza sulla salubrità ambientale e di sicurezza sul lavoro, compete pertanto anche il compito di provvedere alla rimozione dei materiale nocivo nel caso in cui i risultati del processo diagnostico lo rendano necessario, secondo le modalità determinate dal piano regionale.

Ad essa compete, correlativamente, anche l'esercizio delle funzioni amministrative riguardanti l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, per quello che riguarda l’accentramento e la contestazione della violazione, e, nell'ipotesi non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta, la determinazione della somma dovuta per la violazione e l'ingiunzione al pagamento della sanzione a seguito del ricevimento del rapporto (l.r. 5 dicembre 1983 n. 90).

Si tenga presente peraltro che qualora l'esistenza di un reato dipenda dall'accertamento di una violazione non costituente reato, e per questo non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta, il rapporto di cui all'art. 17 l. 689/1981 dovrà essere trasmesso all'autorità giudiziaria competente.up.jpg (878 byte)